Tutelare l’ambiente equivale a garantire qualità di vita e occupazione di qualità, le attività realmente sostenibili hanno un elevato indice occupazionale, superiore di decine di volte alle grandi opere inutili o alla filiera dell’energia fossile. Una visione di lungo periodo impone di non affrontare solo emergenze, ma soprattutto di prevenirle.
Per quanto riguarda il dissesto idrogeologico sono necessarie prioritariamente difesa del suolo e secondariamente mitigazione del rischio. Il consumo di suolo costa fra i 630 e i 910 milioni all’anno in perdita di servizi ecosistemici secondo i dati ISPRA-SNPA 2017. La pianificazione programmata del territorio è necessaria per tutelare i comuni italiani a rischio dissesto idrogeologico: l’88,3% del totale. Il Ministero dell’ambiente deve ritornare centrale e devono essere istituite cabine di regia regionali; sono necessari fondi certi e una parte di essi deve essere destinata a progettazione. Per la difesa del suolo è necessario defiscalizzare almeno al 65% gli interventi ed escluderli dal patto di stabilità interno. Gli oneri ammontano a 200 milioni di euro all’anno, ma va ricordato che un euro investito in prevenzione ne fa risparmiare 100 in emergenze evitate. Un miliardo di euro investito in interventi contro il dissesto genera almeno 7mila posti di lavoro strutturali secondo la stessa struttura di missione di Palazzo Chigi.
L’acqua deve tornare pubblica e deve partire un piano di infrastrutture adeguate per garantire acqua di qualità in tutti i bacini idrografici. Vanno migliorati gli impianti di depurazione, circa metà degli agglomerati nazionali sono in infrazione europea con il rischio di pesanti esborsi. Gli investimenti di questo tipo garantiscono almeno 10mila posti di lavoro per miliardo (dati ONU) e si possono ipotizzare circa 15 miliardi di investimenti da realizzare fra rete idrica e depurazione in 5 anni. Rifare le sole reti idriche costerà circa 40 miliardi in 20 anni, i gestori a vocazione privata e privatistica hanno dimostrato di non aver svolto i lavori per cui sono stati pagati. Vanno riviste le tariffe di concessione idrica per le acque minerali.
Per quanto riguarda le bonifiche è necessario partire dai SIN, i siti d’interesse nazionale, con un piano quinquennale da 10 miliardi si avrebbe un ritorno di 5 miliardi fra IVA e imposte varie, si potrebbero generare investimenti privati per altri 20 miliardi (valore aggiunto di 10 miliardi) con circa 200mila occupati (dati Confindustria). Senza contare la riduzione delle esternalità ambientali, che in Italia ammontano a un terzo della spesa sanitaria totale (48 miliardi su 150).
Per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani è necessario spingere sulla prevenzione (riduzione) e l’economia circolare. Deve essere limitata la produzione di imballaggi, devono essere riutilizzati quelli esistenti spingendo sul “vuoto a rendere” e sul costo ambientale, deve essere azzerato il fondo comunicazione ai consorzi monopolisti (15 milioni di euro spesi oggi per far accettare gli imballaggi). Un piano di comunicazione anche nelle scuole in merito al compostaggio e alle normative fatte approvare dal MoVimento 5 Stelle nella scorsa legislatura (collegato ambientale 2015) potrà portare alla accettabilità sociale e alla diffusione del compostaggio di comunità (basta una SCIA in comune per gestire fino a 130 t di organico), alla prevenzione dei rifiuti organici e alla produzione di prezioso compost di qualità, risparmiando fino a 4 miliardi all’anno. Il passaggio generalizzato in tutti i Comuni d’Italia alla raccolta Porta e Porta introducendo la tariffa puntuale porterà a un risparmio del 22% rispetto alla raccolta stradale. In prospettiva i rifiuti urbani dovranno essere gestiti il più possibile in prossimità (oltre 1 miliardo di euro dei 10 spesi riguarda i trasporti dei rifiuti). Devono essere eliminati gli incentivi al recupero energetico da rifiuti (585 milioni di euro nel 2016). Deve essere incentivato il mercato del recupero di materia: plastiche miste (plasmix e pulper recuperate a freddo), compost ecc. La gestione dei rifiuti deve essere concorrenziale, stop a gestori di oltre mezzo milione di abitanti (rapporto AGCOM). In sostanza si può dimezzare la tassa rifiuti per cittadini e imprese (per rifiuti assimilabili agli urbani) in 5 anni e creare almeno 195mila posti di lavoro. Si crea lavoro e finalmente iniziamo a chiudere discariche e inceneritori senza realizzarne di nuovi.
Per quanto concerne i massimi indici occupazionali ricordiamo la riqualificazione energetica degli edifici, oltre 18mila posti per miliardo investito (dati CRESME) e la progressiva autonomia da fonti fossili, devono essere resi strutturali gli incentivi e le defiscalizzazioni e deve essere realizzato un piano comunicativo delle realtà virtuose esistenti di distacco dalla rete gas. Il massimo indice occupazionale è quello del restauro (oltre 30mila posti per ogni miliardo di euro investito) e vuol dire coniugare cultura, tutela del patrimonio culturale e società.
Le infrastrutture sostenibili, come alcuni raddoppi ferroviari (Tirreno-Brennero per esempio), hanno un elevato indice occupazionale, una singola linea TAV (come quella fra Brescia e Padova di 149 km recentemente sbloccata dalla Corte dei Conti) costerà 10 miliardi, la stessa cifra per raddoppiare, migliorare linee e spostare merci su ferro per circa 1500 km, 10 volte di più, con indice occupazionale 20 volte inferiore (dati MIT).
di Alberto Zolezzi, portavoce e vicecapogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera