Il rapporto Istat sulla “redistribuzione del reddito in Italia” è una presa in giro con pochi precedenti. Una vera e propria marchetta nei confronti del defunto Governo Renzi. Il messaggio di fondo del documento è che l’azione del Governo nel triennio 2014-2016 ha ridotto le diseguaglianze, ma non è affatto vero. Basta comparare i dati riferiti al 2016 con quelli del 2012 per scoprire che l’azione redistributiva dello Stato si è indebolita proprio da quando Renzi è salito a Palazzo Chigi.
In effetti, se guardiamo all’indice di Gini, cioè l’indice che misura la diseguaglianza dei redditi, vediamo che esso al termine del triennio renziano è del 45,2% prima dell’intervento pubblico e del 30,1% dopo che lo Stato è intervenuto con trasferimenti monetari e imposizione fiscale. Una differenza di 15,1 punti percentuali. Nel 2012, invece, questa differenza era del 18%. Ciò significa che Renzi ha reso meno progressivo il nostro sistema fiscale e previdenziale, favorendo i redditi medio-alti più di tutti gli altri.
In altre parole, con Renzi ci siamo allontanati ancor più dal dettato della nostra Costituzione, che predica equità ed eguaglianza sociale.
Solo che l’Istat tutto questo non lo dice. Presenta i dati del triennio 2014-2016 senza compararli con quelli degli anni precedenti e ne esce un Renzi progressista che nella realtà non è mai esistito.
Ma c’è di peggio. L’Istat si permette di includere nelle stime anche l’estensione della quattordicesima ai pensionati, che non è ancora entrata in vigore. Questa è una scorrettezza scientifica grossolana, indice di evidente malafede. Non basta infatti una noticina a pagina 9 del documento, scritta a caratteri minuscoli e in un italiano complesso, per correggere la grave mancanza.
Se anche volessimo limitarci al rapporto così com’è, cioè un testo lacunoso e fazioso, basterebbe leggere a fondo i dati per capire che non sono tutte rose e fiori. Istat non riesce a nascondere che l’intervento pubblico redistribuisce risorse ai pensionati ma ne toglie ai giovani. Si legge infatti che “Il sistema di tasse e benefici, associato a bassi livelli di reddito familiare, determina per le fasce più giovani della popolazione un aumento del rischio di povertà…dal 19,7 al 25,3% per i giovani nella fascia dai 15 ai 24 anni e dal 17,9% al 20,2% per quelli dai 25 ai 34 anni”. A pagare di più sono “i giovani che vivono da soli o in coppia senza figli e, inoltre, i monogenitori e le coppie con figli minori”.
Non solo Renzi ha intaccato l’azione redistributiva dello Stato, ma lo ha fatto colpendo il futuro del Paese, le classi giovanili, alla faccia della sua retorica ipocrita.
In conclusione, va chiarito con forza che il rapporto Istat è una simulazione, non certo una fotografia del Paese, e che questa simulazione è costruita su basi fragilissime, per non dire di peggio.
I tweet entusiastici dei soldatini renziani, quindi, sono solo l’immagine del tragicomico fallimento renziano.
di MoVimento 5 Stelle