Il mancato recepimento del rischio idrogeologico ha provocato lo stop. Cione: <<Un’opera inutile e pericolosa>>
Sembra un paradosso, ma è la realtà: la talpa intrappolata da mesi in una zona franosa. La talpa in questione è il macchinario che scava il tunnel per il raddoppio della galleria idrica Pavoncelli bis, quella per intenderci che trasporta le acque irpine in Puglia. Un percorso lastricato di intoppi, del resto l’Irpinia con la Provincia, le Autorità di Bacino, il Parco dei Monti Picentini, l’Alto Calore, ha tentato di opporsi alla realizzazione di un’opera considerata invasiva per il territorio.
Anche il Tribunale delle Acque aveva dato parere negativo. Lavori fermi o comunque rallentati dalla presenza di sacche di gas, da smottamenti, da sversamenti di acque reflue nel Sele che hanno provocato la moria di trote. Risuonano profetiche le parole del geologo Sabino Aquino << Avevamo avvisato dei rischi, le sorprese geologiche non finiranno qui>>.
L’Ente appaltante dell’opera è l’Acquedotto Pugliese, che ha difeso con le unghie e con i denti e con il sostegno della Regione Puglia e della politica in generale il progetto. Un progetto giudicato dagli studi idrogeologici di numerosi esperti sovradimensionato ed in grado di costituire un rischio per i bacini idrici irpini e per la sopravvivenza stessa dei fiumi Sele e Calore. Ma un decreto del governo ha autorizzato l’avvio dei lavori bypassando ricorsi, sentenze e finanche la valutazione di impatto ambientale.
<<E’ dagli inizi di agosto che la talpa è incastrata in una zona franosa – dichiara il capogruppo della minoranza consiliare dott. Antonio Cione – ed ancora non si sa bene come fare per farla ripartire, stanno studiando varie soluzioni. Una situazione veramente grave, assurda. Ci sono state anche delle interrogazioni parlamentari. E’ doveroso ricordare che il raddoppio della galleria Pavoncelli è un’opera che nessuno in Irpinia e nel salernitano voleva, tranne l’amministrazione di Caposele che asseconda in tutto e per tutto l’Acquedotto Pugliese e lo lascia spadroneggiare>>. <<Siamo davvero amareggiati – commenta Lele Grasso dell’Associazione Ambientalista “Gruppo Attivo Luciano Grasso”- si sta consumando uno scempio nel nostro territorio ma tutto viene celato all’opinione pubblica. Su questo cantiere le notizie trapelano sempre con il contagocce. Chi è preposto ai controlli, non fa il suo dovere. Da quando sono iniziati i lavori ne abbiamo già viste tante, dagli scarichi di reflui provenienti dal cantiere sversati nel Sele che hanno reso l’acqua biancastra ed hanno provocato una moria di trote, ad un capannone installato in una zona sottoposta a vincoli, alle sacche di gas, alla frana che ha intrappolato la talpa>>.
<<Dal canto nostro – prosegue Lele Grasso – continuiamo la battaglia per salvare il nostro bene primario, il 25 marzo organizzeremo un convegno per proporre i Picentini come Santuari delle acque potabili>>.
Paola De Stasio
Il Mattino di Avellino