Giornali e opinionisti tv hanno accolto trionfanti il primo dato grezzo dell’Istat sul Pil 2016: +0,9% contro il +0,8% delle previsioni governative. Uno 0,1% che ha fatto gridare al miracolo, nonostante un semplice confronto su scala europea dovrebbe suscitare reazioni opposte. L’Italia è ULTIMA nel continente, l’unica a crescere nel 2016 meno dell’1%, più che doppiata dalla Grecia (2,7%) e dalla Spagna (2,3%), distanziata anche dalla Francia (+1,4%), dalla Germania (+1,6%) e dal Portogallo (+1,6%), per non parlare dei Paesi fuori dall’euro, che crescono in media più di quelli interni all’eurozona (+4,4% la Romania, +3,5% l’Ungheria, +3,2% la Polonia, +3,1% la Croazia, +2,9% la Bulgaria, +2,4% la Svezia, +2,6% la Repubblica Ceca, +1,5% il Regno Unito).
L’Italia è a tutti gli effetti il grande malato d’Europa.
Se siamo tornati a una fragilissima crescita, dopo ben due fasi recessive (2008-2009 e 2012-2014), è per alcuni motivi che poco c’entrano con i nostri pessimi Governi. Da una breve analisi dei dati si può concludere che:
Nel 2009, nel 2010 e nel 2011, prima dell’arrivo di Monti, in tutta Europa si è sforato ampiamente il limite del 3% deficit/Pil per effetto dei cosiddetti “stabilizzatori automatici” (indennità di disoccupazione, cassa integrazione e altri sussidi indipendenti dall’azione degli esecutivi). Questo ha permesso una ripresa dopo il tracollo mondiale del 2008
Nel 2011 è iniziata l’era dell’austerità, con particolare virulenza in Italia dove Monti ha sia tagliato la spesa che aumentato la pressione fiscale, mentre il Pil ha cominciato a contrarsi. La decrescita si è protratta fino a tutto il 2014, durante il Governo Letta e il primo anno del Governo Renzi
Dal 2015 è iniziata una piccola ripresa, quasi fisiologica, e comunque trascinata da fattori internazionali particolarmente favorevoli. Su tutti il crollo del prezzo del petrolio, la svalutazione dell’euro provocata dalle manovre monetarie espansive di Mario Draghi e l’abbassamento del costo del debito dovuto sempre al Quantitative Easing della Bce. Inoltre, viste le ultime tendenze politiche (crescita partiti euroscettici, Brexit, Trump) la Troika ha addolcito per un paio d’anni l’austerità consentendo al Governo Renzi di stabilizzare il rapporto deficit/Pil intorno al 2,5% sia nel 2015 che nel 2016.
Tutto ciò ha permesso il +0,7% del 2015 e il +0,9% del 2016 (ancora da confermare).
Bisogna ora spiegare, però, perché le altre economie europee sono cresciute molto più di quella italiana.
In sintesi i motivi sono due:
1) hanno utilizzato meglio la flessibilità. L’esempio tipico è quello spagnolo, dove il Governo Rajoy ha diminuito strutturalmente la pressione fiscale, invece che elargire bonus elettorali a pioggia (80 euro) e decontribuzioni temporanee (18-20 miliardi di euro di costi in prospettiva)
2) hanno continuato a sforare il 3% del rapporto deficit/Pil. Questo è il punto fondamentale. Il Governo Renzi ha urlato per anni ai quattro venti di essere contro l’austerità, ma alla fine l’Italia è stato l’unico grande Paese europeo rimasto entro i folli parametri di Maastricht e del Fiscal Compact.
La Spagna sfora il tetto europeo da anni, con un deficit al 10% (!) nel 2008, al 7% nel 2013 e ancora al 4,4% nel 2016. Spazio fiscale con cui si sono abbassate le tasse e stimolati gli investimenti. Lo stesso ha fatto la Francia, con un deficit al 4,8% nel 2012, al 4,1% nel 2013 e ampiamente sopra il 3% anche l’anno scorso (dati OCSE). La Germania, da parte sua, sfora le regole europee da un altro punto di vista: il suo surplus commerciale ha raggiunto proporzioni astronomiche (8,3% del Pil nel 2016 contro il 6% massimo consentito). In questo modo l’economia tedesca impoverisce i vicini europei sfruttando una moneta molto più debole dei suoi fondamentali.
Si dirà che all’Italia non è concessa tanta flessibilità perché ha un debito troppo alto. Sono balle! Il problema del debito pubblico è solo ed esclusivamente politico. La Bce ha dimostrato che una banca centrale può garantire il debito controllando i tassi di interesse. Basta che compri i titoli di Stato non venduti sui mercati. E poi la stessa Spagna ha già sforato la soglia del 100% debito/Pil, la Francia ci è vicinissima e la Germania pure, se solo si contasse la montagna di debito che nasconde nella sua Kfw (l’equivalente della nostra Cassa Depositi e Prestiti).
La verità è diversa: l’Italia è un boccone prelibatissimo ed è sotto attacco. Il capitale estero mira a saccheggiare il nostro risparmio privato da record e ad eliminare un concorrente temibile sui mercati internazionali. Il problema è che la nostra classe dirigente, da Monti a Renzi passando per Gentiloni e l’onnipresente Napolitano non fa gli interessi degli italiani, ma del nemico.
di MoVimento 5 Stelle