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Il Quarto incomodo

mosca2Con le dimissioni di Rosa Capuozzo, sindaca di Quarto (Napoli), si chiude uno dei capitoli più indecenti della già ignobile storia recente della stampa italiana. Per due settimane, a reti ed edicole unificate, abbiamo letto ogni giorno lo stesso titolo, con qualche variazione sul tema: “I 5Stelle sapevano”, “Il Direttorio sapeva”, “Fico sapeva”, “Di Maio sapeva”. Mancava sempre l’oggetto del loro sapere, ma era sottinteso: sapevano che la loro sindaca era ricattata da un consigliere De Robbio legato alla camorra per favorire il boss locale, ma non hanno fatto nulla. Alla fine, dopo aver cambiato versione una decina di volte su tutta la storia fuorché su questo punto cruciale, la Capuozzo ha confermato serafica in Antimafia di non aver mai parlato né di “camorra” né di “ricatto” coi vertici del M5S. Li aveva semplicemente avvertiti di un dossier sul sottotetto mai condonato nella casa del suocero dove lei abita e delle pressioni di De Robbio. Insomma aveva dipinto un’ordinaria bega di paese che, senza le parole chiave “ricatto” e “camorra”, non presentava caratteri allarmanti tali da mobilitare il Direttorio. Che, semmai, aveva sbagliato all’inizio, sottovalutando i troppi consensi a De Robbio in un comune da sempre in mano alla malavita. Quando poi i pm hanno scoperchiato il bubbone, ha espulso De Robbio e, dopo aver difeso la Capuozzo per non aver ceduto al ricatto, ha messo alla porta anche lei per non averlo denunciato.

In un paese normale, con una politica e un’informazione normali, il caso Quarto sarebbe stato parametrato alle sue giuste misure: un ricatto fondato su un sottotetto abusivo e finalizzato a gestire un campo sportivo, con la regia di un ras di quart’ordine, Cesarano, tuttora a piede libero, che spadroneggia nel ramo pompe funebri. Alle Comunali e Regionali del 2015 il ras punta sul Pd; che però, alle Comunali, viene escluso per irregolarità; così Cesarano convoglia i suoi 900 voti su De Robbio dopoboschi_de luca averlo fatto avvicinare da uno del Pd; alle Regionali invece fa votare per la lista De Luca; poi attiva De Robbio per ottenere ciò che vuole, il campo sportivo e qualche nomina, ma resta con un pugno di mosche in mano. E, quando il caso esplode, i 5Stelle radono al suolo la propria giunta, rimandando Quarto alle urne, fra gli alti lai della sindaca che non solo non ha denunciato il ricatto per salvare la poltrona, ma non ha neppure segnalato al movimento il tallone d’Achille dell’abuso che l’ha resa vulnerabile e che, se fosse stato noto all’inizio, le avrebbe impedito di candidarsi nel M5S.

Insomma: uno scandaletto locale che non autorizza nessuno a dipingere i 5Stelle come il partito della camorra; semmai a segnalare l’inadeguatezza e la permeabilità alle infiltrazioni malavitose di tutti i sistemi di selezione delle candidature adottati dalle forze politiche: sia le primarie o la cooptazione dall’alto dei partiti, sia il combinato disposto meetup-web dei 5Stelle. Anziché parlare di questo e correre ai ripari – tutti, compreso ma non solo il M5S – per evitare casi simili in futuro, si è preferito dipingere Quarto come la vecchia Corleone, Cesarano come Riina, Fico e Di Maio come Andreotti e Dell’Utri, e la Capuozzo come Peppino Impastato nei giorni pari e come Totò Cuffaro nei dispari, a seconda di come si svegliava e cosa diceva o contraddiceva. Il tutto, con tre obiettivi.

1) Screditare – in vista delle Amministrative e del referendum costituzionale – un movimento che, con tutti i suoi errori e magagne, predica e pratica la legalità.

2) Dimostrare che la legalità è roba da farabutti, perché la politica è una roba sporca ed è giusto che lo sia: inutile illudersi di bonificarla.

3) Nascondere dietro a Quarto e ad altre armi di distrazione di massa (la finta guerra con Junker e la rolexlegge anti-fannulloni che esiste dai tempi di Brunetta), gli scandali molto più gravi che investono il governo: il lungo sonno sulle banche fallite fino allo scattare del bail-in che impedisce gli interventi pubblici prima consentiti e adottati nel resto dell’Ue; la fogna di Etruria col suo codazzo di faccendieri massoni a braccetto con papà Boschi, personaggio dal curriculum penale tutt’altro che immacolato, su cui deve indagare un pm consulente di Palazzo Chigi; la nomina dell’amichetto Carrai alla sicurezza informatica del governo; la figuraccia plboschimondiale di Rolex d’Arabia, collezionista di orologi a scrocco; i buchi della manovra fatta con stime sballate e con una flessibilità mai autorizzata dall’Ue; la pantomima delle unioni civili; lo sfascio della Costituzione con i voti decisivi di Verdini & C., subito ripagati con tre vicepresidenze di commissione (le Finanze all’ex cosentiniana Longo, il Bilancio a Langella, già presidente di un consiglio comunale sciolto per camorra), senza contare la presidenza della Giustizia regalata all’alfaniano D’Ascola, già socio di Ghedini, e quella confermata al forzista Matteoli (che, essendo imputato al processo Mose per corruzione, dirige a pie’ fermo i Lavori pubblici).

Missione compiuta, grazie al volume di fuoco della Banda Larga nella grande stampa e nelle tv. Ma il boomerang lanciato su Quarto tornerà presto al mittente. Oggi raccontiamo le bugie di Giuseppe Sala, che ha fatto ingaggiare da Fiera Milano per Expo, ovviamente senza gara, l’architetto che gli ristrutturava la villa, e l’ha fatto pagare mezzo milione in più di quel che ha dichiarato l’altroieri; e le gesta della moglie del sindaco Pd di Reggio Emilia che ha comprato casa da uno ‘ndranghetista. I 5Stelle, magari tardivamente, han cacciato le loro mele marce. Quand’è che Renzi rottama le sue?

Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano 23.01.2016

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