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Rolex d’Arabia

rolexChi pensava che la più feroce parodia dell’italiano all’estero l’avesse fatta Checco Zalone al Polo Nord in Quo vado? non aveva visto all’opera la delegazione italiana in gita premio a Ryad al seguito di Matteo Renzi. La storia la sta raccontando a puntate Carlo Tecce sul Fatto: un incrocio fra la sceneggiatura di Totò sceicco e quella di Totò d’Arabia. Dunque, domenica 8 novembre 2015 il premier italiano s’imbarca su un volo di Stato (purtroppo non ancora sul poderoso Air Force Renz da 200 milioni e passa, desolatamente in panne nell’hangar) alla volta della Capitale saudita, con codazzo di oltre 50 persone, tutte indispensabili: segretari, scribi, amanuensi, consiglieri, assistenti, interpreti (anche dall’italiano all’italiano), ambasciatori, mezze feluche, portaborse, sottopancia, addetti stampa & propaganda, operatori e paparazzi di Stato, cerimonieri, lustrascarpe, professionisti dell’abboffata a pie’ di lista, manager e magnager dei maggiori gruppi pubblici e privati (Finmeccanica, Eni, Salini). Visita di Stato e viaggio d’affari si mescolano senza soluzione di continuità, come si conviene alle cose italiane. La sera è prevista la cena di gala offerta dalryad baffuto e pizzuto re Salman bin Abd al-Aziz Al Saud nella sua residenza in pieno deserto, con harem di dame e dignitari sfusi, in una pausa fra una lapidazione di adultere e una decapitazione di dissidenti. Insomma un amico, un arabo moderato, un prezioso alleato contro gli arabi cattivi.
I nostri eroi, in previsione del banchetto, si son tenuti leggeri: qualcuno è rimasto digiuno tre giorni per non lasciare nulla d’intentato nel fiero pasto. Due-tre ore di fauci spalancate, fami ataviche saziate, ganasce sferraglianti, dentiere ruminanti, canini e molari d’oro tintinnanti, ponti saltati. Poi, quando la palpebra comincia a calare e il rigurgito a riproporsi, gli occhi da triglia del Gruppo Vacanze Firenze puntano tutti insieme un tavolino: lì i principi sauditi han fatto ammonticchiare un festival di pacchi, pacconi e pacchetti infiocchettati. Le dimensioni sottili e oblunghe non lasciano dubbi sul contenuto: orologi. La comitiva salamelecca i regnanti augurando la buona notte e trascina le panze trippute verso la zona sonno. Ma è una mossa tattica, una finta volpina: appena le loro maestà si sono ritirate, i Magnifici Cinquanta visibilmente appesantiti ma mai domi trovano la forza di tornare nel salone per avventarsi sul buffet dei doni, possibilmente per primi. Un arrembaggio senza esclusione di colpi. Chi corre, chi striscia carponi, chi sgambetta il vicino, chi lo calpesta, chi tenta di distrarlo indicando un mosaico sul soffitto, chi urla “l’ho visto prima io!”. Poi l’amara scoperta: ogni pacco reca una targhetta col nome del destinatario. A pochi fortunati toccherà un Rolex d’oro da 20 mila euro (se bastano), agli altri sfigati un cronografo made in Dubai da 3-4mila al massimo. Uno dei presenti, se possibile più italiano degli altri, non si rassegna al vil cronografo e tenta il colpaccio: scambia il cartoncino e s’inguatta un Rolex, nella giacca o nella patta dei pantaloni. Ma è subito sgamato dal titolare legittimo. Ne nasce un parapiglia da suk: urla, strepiti, scambi di accuse, minacce di denunce che un’addetta al cerimoniale tenta invano di sedare, finché la scorta del premier sequestra l’intero bottino rinviando la distribuzione dei doni al rientro in patria. Le guardie reali, che hanno appena messo a nanna Salman&C., si allarmano e impugnano le scimitarre: un attacco dell’Isis?

No, gli italiani che s’azzuffano. Tutto previsto, la nostra fama (anzi fame) ci precede: infatti, i sauditi fanno sapere che l’indomani ogni ospite avrà il suo Rolex.
Qui cade a puntino Totò d’Arabia, sgangherato agente segreto 008 alias El Buzur II: “I desertani mi fanno festa perché hanno capito che sono uno sceicco napoletano. I napoletani all’estero si sono sempre piazzati” (basta sostituire napoletani con fiorentini); “E’ vero, ho rubato per 25 anni,ma l’ho fatto per alleviare le sofferenze di un orfano, povero, senza casa, senza madre né padre: io”. Ma anche il Totò di Fifa e arena: “A proposito di politica: non si potrebbe mangiare qualche coserellina?” Appena la comitiva tocca il suolo patrio, scattano implacabili il decreto Prodi-Padoa Schioppa del 2007 che vieta a membri del governo e coniugi di accettare doni sopra i 300 euro, e le direttive Monti-Patroni Griffi che abbassano il tetto a 150 euro e lo estendono a tutta la PA..O, meglio, scatterebbero: mica siamo a Londra, a Berlino, a Parigi o a Washington, dove i governanti devono rendicontare tutto online e, se sgarrano, vanno a casa. Siamo in Italia. Domandare al premier e al resto della delegazione se hanno poi mollato gli orologi è esercizio vano. Si ottengono solo supercazzole del tipo “I doni sono nella disponibilità della Presidenza del Consiglio”. Strano, perché a Palazzo Chigi non c’è più traccia alcuna dei 50 preziosi oggetti metallici. Andati letteralmente a ruba. E Renzi, in varie apparizioni pubbliche, ne alterna almeno tre da 10-15 mila euro l’uno: se li sarà comprati, investendovi quasi tutto il magro stipendio di un anno, o avrà trattenuto il regalo di re Salman e quelli di altri satrapi alleati, come ha fatto con la misera bici donata dal Giappone? Mistero, anzi segreto di Stato: come i suoi scontrini di Firenze.
Intanto la Rolex prepara un’altra campagna pubblicitaria come quando il premier definì “quelli col Rolex” black-bloc che avevano saccheggiato Milano prima di Expo. E Ryad si accinge a insignire il premier italiano del più alto titolo del Regno Saudita: Rolex d’Arabia.

Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano 10.01.2015

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