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Quelle obiezioni (sbagliate) al reddito minimo di cittadinanza.

lavoro4Il reddito minimo garantito rende le  società che lo adottano più libere,  più trasparenti, più disposte al rischio d’impresa, e più ricche.Che l’Italia sia  sprovvista  di un welfare per la disoccupazione che possa essere lontanamente paragonabile a quello europeo è certificato da diverse commissioni parlamentari, la  più importante  delle quali,  la Commissione  Onofri, è stata istituita da Romano Prodi nel 1996. Dal 1992, con un  documento molto  dettagliato e  preciso, l’ “Europa”raccomanda ai Paesi del Sud (quelli del Nord lo hanno già da decenni, la Gran Bretagna dal 1948)  di introdurre  una forma di reddito minimo garantito. Non è possibile perciò continuare a fare a non capirsi, o a confondere il basici n come (un reddito dato a tutti, poveri e ricchi, occupati o disoccupati) con il welfare per la disoccupazione.
INVITATO A PARLARE a “La Repubblica delle idee”, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha renzi_paratadichiarato che la garanzia di un reddito minimo per i disoccupati è incostituzionale, e che è invece “di sinistra”la politica che crea lavoro e non produce assistenzialismo. Nella direzione nazionale del Pd ha un po’ aggiustato il tiro; ha detto che si riferiva al “reddito di cittadinanza” del M5S, e non a una “misura universale contro la povertà” . Ora,il welfare  per la  disoccupazione è  un aspetto  centrale del modello sociale europeo. Da decenni si sa come funziona,  quali  ne sono i  limiti e i pregi. È uno strumento ampiamente collaudato, che non è rivolto attenzione – a chi “non ce la fa” , ma ai disoccupati. A tutti  può capitare   di aver bisogno del pronto soccorso, a tutti  può capitare di perdere il lavoro o di non  trovarlo, soprattutto con questi chiari di luna. Una persona in età lavorativa (dunque anche un ragazzo di 18 anni,  che non  abbia mai lavorato prima) se non trova un’offerta di lavoro un Job Centre, ottiene un  reddito mensile e un assegno per l’alloggio per tutto il periodo in cui dura il suo stato di disoccupazione, ma è tenuto ad accettare un lavoro ragionevolmente conforme alla propria qualifica professionale non appena possibile. È incostituzionale?  Neanche per sogno. L’articolo 38 della Costituzione italiana  recita: “i lavoratori hanno diritto che siano provveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria ”. La garanzia di un reddito nel caso di disoccupazione involontaria non è incostituzionale, a esserlo è, caso mai, la  sua assenza: che non ci sia un reddito minimo è incostituzionale.
I COSTITUENTI, peraltro, conoscevano il Report di William Beveridge; della possibilità di introdurre  una forma di reddito minimo garantito sul modello inglese si era già discusso in Italia nel 1947 con la commissione D’Aragona. È assistenzialista? No. L’assistenzialismo è piuttosto la trasformazione del lavoro in welfare. E questo sì che è contrario ai valori di una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Il reddito minimo garantito esalta il lavoro, quello vero. È alternativo alla “piena occupazione” ? No. Beveridge lo ha posto a complemento e condizione della società della piena occupazione. Gli altri Paesi  spendono più di noi in welfare? No. La spesa complessiva italiana in welfare è equivalente a quella degli  altri Paesi  europei,  ma sbilanciata sulle  pensioni (pensioni, a  loro volta,  inique). È un ostacolo alla creazione di  benessere e  ricchezza?  I fatti e l’analisi economica dicono il contrario.  Con una rete si è più disposti a rischiare, aumenta lo spirito di impresa, si cerca il lavoro per il quale si è più tagliati e dunque  anche più “produttivi”. Non è  solo redistribuzione, ma  è una  condizione per  la produzione  di ricchezza.  La quale non esiste in natura, e non si crea senza lavoro, innovazione, investimenti.   E dunque senza autonomia e libertà dall’assistenzialismo vero. Nei Paesi  dove c’è un welfare universalistico  hanno meno terreno fertile il clientelismo, il  corporativismo, l’imprenditorialità decotta.

di Giovanni Perazzoli
Il Fatto Quotidiano 16.06.2015

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