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Dalla foto di gruppo del 41% a Guerini e Orfini scudi umani

renzi playA livello di storytelling era partita bene, con Orfini immortalato su Instagram mentre giocava alla Playstation per il piacere un po’narrativo un po’infantile del Capo. Poi col passare delle ore la realtà, carica di malanimo, ha riconfigurato i tratti somatici del  sorridente cast renzista, ed è finita con una processione di  facce lugubri che tradivano il vero senso delle parole “abbiamo vinto”. La maratona tv ha rivelato dei talenti della fisiognomica. Come Mastella fiondato in video da De Mita a ridimensionare la sconfitta democristiana dell’82 in maglietta da ciclista, così Guerini, Carbone, Serracchiani e il lombrosiano Rosato si sono fatti scudi umani a beneficio dell’ormai loffio racconto del cambio-verso. Vestiti a festa mastracchi, sbattuti, come se la faccia tosta di Renzi ne avesse assorbito ogni carisma, eccoli incedere in fila indiana nella cerimonia del conforto, a dire seri, come se fosse vero, che meglio di così non poteva andare.È come quando ci buttano fuori ai Mondiali: si dà la colpa all’arbitro, al clima, agli scarpini, al prato, e se il risultato è netto si contano i gol. Così tra Twitter e tv si sono barcamenati il  tiepido Speranza (“Cofferati ci ha divisi e ha lavorato per i 5Stelle”),  il funebre Rosato (“Che abbiamo vinto è chiaro” , è che abbiamo perso che non ci entra in testa), la bastonatissima Moretti, un po’meno ladylike dopo una notte di esortazioni ad“ aprire una  riflessione”.
UN BEL SALTO, dalla foto dell’anno scorso che ritraeva il radioso quartier generale del Pd  tranne Renzi  (invisibile 
deus ex machina) riunito al Nazareno per il “risultato festastorico”del 40,8%: Guerini e Serracchiani gonfi di autostima svettavano al centro su una nuvola di gioventù, a destra la Boschi con treccina, a sinistra Orfini in piedi come un cameriere, e in seconda fila Pinotti, Madia e tutto il gineceo de #lavoltabuona.  Oggi che la realtà è un pugno di piume si sacrificano le mezze cartucce (qualcuno ha visto la Boschi, Luca Lotti?) per cantare la vittoria dei numeri che però è una sconfitta politica. All’alba, la faccia spaccata dal fingere, twittano e retwittano una cartina dell’Italia del 2013, quando l’impero era ancora di  là dal farsi, e una cartina dioggi, con 10 regioni espugnate. Fa niente se alcune di queste non sono andate al  voto domenica scorsa, e quindi il confronto è un puro renzi_milinonsense. Fa niente se tre vincitori su cinque (Emiliano in Puglia,  De Luca  in  Campania, Marini  in Umbria) non siano affatto renziani; che metà dei voti di De Luca vengano dalle liste piene di impresentabili, signori dei voti dal Regno delle due Sicilie; che Marini abbia vinto coi voti anche dell’Udc; che la Moretti abbia straperso in Veneto e  la Liguria  sia andata  a  Toti, uno  che poteva vincere solo con la Paita. La guerra è guerra e, come per Machiavelli, “il maggiore segno di perdere è quando non si crede potere vincere”, pure quando si sa che si è perso. E Renzi  che gioca  alla Play  con l’aspirante politico serio Orfini, più che l’Underwood di  House  of Cards cui crede di somigliare, sembra Nerone che suona la lira mentre Roma brucia.

Daniela Ranieri
Il Fatto Quotidiano 02.06.2015

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