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I voltagabbana “stabilizzatori”

resp Finalmente capiamo perché Scelta civica si chiama così: a noi pareva che stessero lì, parcheggiati tra Camera e Senato, sempre un po’ opachi e anodini; in realtà erano in attesa di scegliere di chi mettersi civica-mente a disposizione. Insieme ad alcuni ex-grillini che agitano le braccia nel mare di Twitter sperando che qualcuno nel Pd se li fili, e in compagnia delle frattaglie dei meravigliosi “stabilizzatori” di Gal, sei senatori e due deputati della falange che fu montiana (ma non Monti) accorrono in soccorso di Renzi, consolabile vedovo di Forza Italia dopo la presunta rottura del famigerato patto.
Così potrebbe pure sembrare, se gli intelletti in gioco fossero tanto raffinatiSerracchiani2 da concepirlo, uno sberleffo in soprammercato il fatto che il vicesegretario del Pd Serracchiani abbia annunciato la transumanza degli sceglitori civici proprio a Canale 5, in un programma che si chiama La telefonata: “Io non escludo che la consapevolezza che tanti parlamentari hanno acquisito il giorno dell’elezione del capo dello Stato li renda consapevoli della responsabilità che hanno da qui al 2018”.
La consapevolezza, si sa, rende consapevoli, e se non lo esclude lei c’è da crederle. Ma è il concetto di “responsabilità” ad aprirci un mondo di sterminate delizie. Incantata dai numeri di prestidigitazione istituzionale di Renzi, l’Italia tutta avverte il peso della responsabilità cui chiamano l’approvazione dell’Italicum e il varo degli altri scempi decretizi come il Jobs Act. Per tutto lo stivale scorre una filigrana di costruttivo sacrificio. Perché si avverta soprattutto al Senato, dove i numeri di Renzi traballano e l’unica garanzia di stabilità è Alfano cioè niente, è un segreto di Pulcinella che attiene alla natura stessa della responsabilità.
L’ITALIA è ingovernabile; ciò si sa, soprattutto a sinistra. Da qui i patti della crostata, le larghe intese, la pacificazione, il trattato del Nazareno e tutti i giochi di ruolo che gli accordisti e i trasformisti di ogni risma hanno messo in scena nel corso degli anni. È stata l’ingovernabilità a consentire non solo gli inciuci ma anche tutti i cambi di casacca che hanno contraddistinto la vita della Repubblica. Si può dire che senza l’ingovernabilità l’Italia sarebbe ingovernabile. Nondimeno, fu nell’interesse del “popolo”, come ha rivelato Scilipoti sul Fatto di ieri, che lui e gli altri lillipuziani, scombiccherati, proverbiali “responsabili” hanno salvato B. e il suo governo nel 2010, confluendo dall’Idv. Solo che per uno strano e virtuoso prodigio, laddove quelli erano per tutti traditori, voltagabbana, venduti e altre cose offensive tra cui la più offensiva di tutte, la metonimica “scilipoti”, quelli che oggi transumano a dare il rinforzino a Renzi sono 
responsabili e basta, senza ironia, gente tutto sommato seria che, piccone in spalla, lavora alla ricostruzione avviata dal professionista delle strategie. E perciò pure i grandi giornali adeguano il vocabolario alla retorica “narrativa” del premier. Tra tutti, il Corriere della Sera – che al tempo dei Razzi, De Gregorio, Calearo, Cuffaro e Scilipoti sguinzagliava le solide e argomentate indignazioni di Severgnini – ieri scilipoti_berlusconititolava: “Operazione scelta civica. Renzi amplia il Pd”. Eh, certo. B. comprava, ricattava, seduceva, convinceva, minacciava, persuadeva; Renzi amplia. E i traditori diventano risorse umane da riallocare per il bene del Paese. Di più: il Pd è una casa e Renzi, da buon edile, la amplia buttando giù i muri vecchi e qualche tramezzo di “intermediazione”, e rende il salone delle riforme un open-space.
L’IMPRESSIONE è che più che un grande architetto Renzi sia l’inventore di un format politico che ha reso il Pd un reality, un Amici di Matteo molto liquido, talmente cinico e poco caratterizzato ideologicamente da poter accogliere con scioltezza chiunque ci salti dentro. A cose fatte, il premier ringrazia, senza ringraziare, parlando di “approdo comune” e di “comune cammino per le riforme”.
Un capolavoro di involontaria ironia la nota dei “fuoriusciti”: “Accogliamo l’invito rivoltoci da Matteo Renzi a un percorso e a un approdo comuni”, con “l’obiettivo di concorrere al lavoro entusiasmante che attende il Parlamento nei prossimi anni”. D’altra parte, il partito di Monti aveva proprio l’entusiasmo come sua cifra peculiare. “Decidiamo”, continuano, “di aderire ai gruppi parlamentari del Pd, alcuni di noi anche al partito stesso”, abudantis abundantibus. Intanto domenica c’è il Congresso di Scelta civica, a cui a questo punto non si capisce chi si presenterà. Il deputato Zanetti la butta lì: “Se magari Renzi fa un salto…”. Ecco, facciamo così e chiudiamo tutte le polemiche: il Pd entri in Scelta civica.

Daniela Ranieri
Il Fatto Quotidiano 07.02.2015

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