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Toh, un’idea nuova: il Ministero del Sud

cassaGenerato dalla Cassa per il Mezzogiorno, poi sepolto sotto le ceneri di tangentopoli, adesso potrebbe ritornare rimpolpato di Fondi Europei fino ad ora gestiti da Delrio.

Toh, chi si rivede! Nientemeno che il Ministero per il Mezzogiorno. Sepolto sotto le macerie di Tangentopoli è ricomparso all’improvviso, come un fantasma della storia patria, per una questione di poltrone e poltroncine. Matteo Renzi deve sostituire al ministro degli Affari Regionali Carmela Lanzetta, che ha licenziato due settimane fa. Alla Lanzetta aveva dato un portafoglio di niente. Diciamoci la verità: più che un ministero era un effetto ottico, un modo per allungare una sedia e fare ciao.
OGGI, invece, si vorrebbe far divenire quell’ufficio preziosa merce di scambio, mezzo utile per far defluire potere dalle mani di chi non è più nel primo livello del giglio magico. La gestione del flusso dei fondi europei che sono destinati alle aree sottosviluppate del Paese (i cui quattro quinti si trovano a Sud) è l’incarico a cui, con una fortuna altalenante, si è finora cimentato Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza. Nel piccolo intervento di chirurgia plastica Renzi dovrebbe alleggerirgli l’incombenza e, lavorando per sottrazione, ridurlo a semplice fante. Da qui l’invenzione: un bel Ministero per il Mezzogiorno a cui spostare risorse e competenze, come ai bei tempi. In tema di revival democristiano l’idea è veramente Renzi-De Mitageniale, perchè ci riporta indietro ai Remo Gaspari e Ciriaco De Mita, a Riccardo Misasi e Carlo Donat Cattin, Salverino De Vito e Giovanni Goria. Il Pantheon dello scudocrociato che questo Parlamento, per più di un terzo sotto la soglia dei quarant’anni, ha letto (se ha letto) sui libri di storia contemporanea. La perfezione è raggiunta 
perché dal novero delle (pochissime) cose buone fatte dal governo di Mario Monti vi era il Ministero per la Coesione territoriale, il termine esatto per indicare che non esiste sviluppo senza equità, non esiste Nord senza Sud, non c’è l’Italia senza gli italiani. Quel ministero è stato retto egregiamente da Fabrizio Barca, un tecnico che nella sua vita non ha fatto altro che costruire mappe, monitorare la quantità e la qualità dei flussi. Invece niente. Saltando all’indietro nel tempo, Barca è andato sott’acqua, e il Mezzogiorno – inteso come Ministero – è tornato in auge. Matteo Salvini se l’è cavata con una battuta non propriamente sapida, come invece il suo lessico imporrebbe, stante forse il desiderio di penetrare nel cuore dei sudisti, ora amiconi ed ex terroni sudici: “Se ne sentiva proprio la necessità!”, ha ironizzato. Romano Prodi, la cui biografia è legata alla Cassa per il Mezzogiorno, altra ferraglia storica, ha subito puntualizzato: “Se non ha coordinamento (cioè la gestione del portafogli) diventa un dicastero di serie B. In caso contrario è estremamenteutile”. Dire che del Mezzogiorno a nessuno frega più nulla è poco. È stata azzerata la questione meridionale, tema delegato oramai a saggisti (uno su tutti: Pino Aprile), e definitivamente statuita la inutilità di approfondire il tema del sottosviluppo. C’è una data utile che segna il crac politico: il terremoto dell’Irpinia (23 novembre 1980). L’Italia assiste a un flusso possente di danaro (la cifra non è conosciuta nella sua esattezza ma per dimensioni è biblica, più di sessantamila miliardi di lire) che invece di restituire decoro e sviluppo nei territori martoriati risulta una passerella macroscopica di devianze e abusi.
INIZIANO le campagne giornalistiche (ricordate l’Irpiniagate?) e su quelle salta la nascente Lega di Umberto Bossi: il primo manifesto leghista raffigura il Nord, nelle sembianze di una mucca che viene munta e un Sud che ingordo beve. Lo scandalo politico che ne segue, insieme alle rendite di posizione di singoli califfati meridionali, rende defunta la questione. Viene cancellato il Sud e piuttosto disonorati i meridionali. In un bel libro (Leghisti & sudisti, Laterza) Isaia Sales, uno dei più lucidi meridionalisti, spiega come il carburante leghista è frutto tipico del malgoverno a conduzione Dc-Psi. Nel tempo che segue, una sciagurata legge, la 488 del 1992, produce altri sprechi.
IMMAGINATA per dare un aiuto alle imprese, diviene una strabiliante cassa a cui migliaia di questuanti chiedono di partecipare. Decine di inchieste, decine di libri raccontano lo strazio di soldi buttati a mare, dilapidati in un arraffa-arraffa. Aree industriali brulle, capannoni vuoti, falsificazioni di fatture, arresti e processi. Pier Luigi Bersani, ministro dell’Industria del primo governo Prodi, decide giustamente di mandarla al macero. Eppure la Cassa per il Mezzogiorno, il fortino economico da cui poi discenderà il Ministero per il Mezzogiorno, è stata un’idea saggia, iniziativa deliberata da De Gasperi nel 1950. L’Italia del dopoguerra non riusciva ad essere unita senza dare un po’ di pane a intere popolazioni affamate. E tra il 1960 e il 1970 formidabili opere di ricostruzione territoriale (acquedotti, strade provinciali, i primi consorzi industriali) sono servite a tenere in vita il Sud, spolpato da ogni suo avere, e costretto, negli anni della rivoluzione industriale, a fare la valigia per Milano o per Torino.

di Antonello Caporale
Il Fatto Quotidiano 06.02.2015

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