“Cosa farà adesso Tsipras? Per far fede agli impegni elettorali deve uscire dall’Euro. Rispetto a qualche anno fa, infatti, la Grecia non è più l’ago della bilancia che può far collassare o meno il sistema. Per questo la BCE e la Troika, nonostante lo schiaffo subito, possono permettersi di fare ancora la voce grossa nei confronti dei cittadini ellenici: hanno già dichiarato che se la coalizione di Syriza dovesse rimanere nell’Euro ma stracciare il Memorandum, fermerebbero tutti gli aiuti che servirebbero alla Grecia per rispettare gli impegni finanziari. In altre parole si andrebbe incontro al default.
L’ASCESA DEGLI EUROSCETTICI
Inutile negare che, qualunque cosa accadrà, le ultime elezioni greche hanno fatto emergere una volontà popolare chiara. Potremmo riassumere il 36,34% ottenuto da Tsipras come un urlo: “La Troika se ne deve andare dal nostro Paese“. E non sono di certi i soli in Europa, basta guardare l’infografica in fondo a questo post per rendersi conto che l’ascesa dei partiti euroscettici è inarrestabile, nonostante quelle che la BCE vorrebbe far passare come cure (vedi QE), ma che nient’altro sono che il tentativo di camuffare l’ennesimo fallimento di scellerate politiche economiche, monetarie e sociali.
L’ESPOSIZIONE DELLE BANCHE TEDESCHE
Tsipras dovrà tenere a mente che l’esposizione delle banche europee nei confronti della Grecia è drasticamente diminuita, da 250 miliardi di fine 2009 siamo passati a 50 miliardi del 2014. Le cause di questa riduzione dobbiamo cercarle nell’uso degli aiuti che la Grecia ha ricevuto dalla Troika: circa 240 miliardi dal 2010. Come sono stati usati questi soldi? La maggior parte di questi fondi, oltre ad essere stati utilizzati per la ricapitalizzazione delle banche greche (48miliardi), sono stati usati per diminuire le esposizioni delle grandi banche europee. Principali beneficiari? Gli istituti tedeschi, che in 2 anni hanno ridotto la loro esposizione dell’80%.
I RENDIMENTI
Il secondo fattore è il legame dei rendimenti greci con i rendimenti dell’eurozona. Fin dal 2010 la crescita dei rendimenti greci sui titoli di stato (che segnala quindi un aumento del rischio) faceva crescere a catena i rendimenti di Italia, Spagna, Irlanda e Portogallo. Insomma, la Grecia era il punto di rottura più probabile della zona euro. Sul finire del 2014, complice la situazione politica instabile, i rendimenti greci sono tornati a salire, ma al contrario degli anni precedenti questo non ha prodotto cambiamenti nei rendimenti dei paesi sopracitati.
L’ESPORTAZIONE
Il terzo ed ultimo fattore prende in considerazione l’esportazione dell’Eurozona verso la Grecia, in netto calo e scese sotto 1,5 miliardi. In caso di uscita greca il calo dei ricavi dell’eurozona sarà meno pronunciato rispetto all’ipotesi nel 2012. Inoltre, i paesi a rischio contagio sono tornati ad avere avanzi primari per i grandi tagli di spesa pubblica subiti con l’austerità ed hanno, così, una capacità maggiore di limitare l’eventuale shock negativo di fiducia derivanti dall’uscita.
LA PREVISIONE
L’agenzia di rating Moody’s sostiene che l’uscita greca dall’Euro (Grexit) porterebbe danni nel breve periodo all’economia greca (soprattutto a causa degli istituti finanziari troppo legati alla BCE e del debito pubblico in gran parte emesso sotto legislazione straniera dopo la ristrutturazione) ma, a fronte dei fattori sopracitati, non dovrebbe portare problemi di contagio. Nel medio-lungo periodo, invece, la Grecia, sempre secondo le previsione di Moody’s, fuori dall’area euro crescerebbe di più rispetto ai Paesi rimasti nella moneta unica che probabilmente si chiederanno se vale ancora la pena restare nell’euro a forza di vincoli, svalutazioni interne e carneficina sociale. Sarà quello il rischio sistemico più grande.” M5S Europa