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LA SOLITUDINE DI DI MATTEO “QUESTO PAESE È INDIFFERENTE”

Di MatteoUN PENTITO ANNUNCIA “IL TRITOLO” PER IL PM DELLA TRATTATIVA, SILENZI E VELENI IN PROCURA E AI PIANI ALTI DI PALERMO. LUI AI 2.000 IN PIAZZA: “NON VI ADEGUATE”.

Il tritolo per lui è nascosto da qualche parte nelle borgate di Palermo, ma da 48 ore, da quando cioè il neopentito Vito Galatolo ha raccontato che il piano di morte per Nino Di Matteo è pronto a scattare, non una mail e neppure un sms è arrivato al magistrato sotto minaccia da parte dei colleghi della Procura di Palermo. “Niente di niente”, dice un amico che lo conosce bene. Dopo due anni di continue intimidazioni, il pm della “trattativa” continua a rimanere un uomo solo. Per questo ieri mattina, dritto nella piazza davanti al Palazzo di Giustizia, il magistrato non ha trattenuto la commozione davanti agli studenti, coordinati da Scorta Civica e dalle Agende Rosse, che si sono riversati in strada con megafoni e cartelli per chiedere al ministro dell’Interno Angelino Alfano di concedere il bomb-jammer al pm più minacciato della storia dell’antimafia.   “Io non so cosa accadrà – ha detto Di Matteo – ma ho una speranza nel cuore: la speranza che conserverete sempre questa passione civile e che non vi adeguerete mai all’andazzo prevalente di un Paese sempre più indifferente alla giustizia e insofferente alla verità e all’indipendenza della magistratura ed alla tutela vera dei valori costituzionali”.
 DAVANTI A LUI,non più di duemila persone, né poche, né molte, i soliti marziani in una Palermo abulica, che vive l’ennesimo allarme nei confronti del sostituto anziano del pool Stato-mafia con la granitica indifferenza di sempre. E se in piazza c’è l’immancabile sindaco Luca Orlando, c’è il portavoce del M5s Maurizio Santangelo, c’è persino qualche esponente del Pd come Fabrizio Ferrandelli, e numerosi Maurizio_Santangelofamiliari delle vittime di mafia (da Franca De Mauro a Vincenzo Agostino), dietro gli striscioni che urlano la rabbia degli studenti non c’è la città dei piani alti che il sabato mattina preferisce passeggiare a Mondello
e non ci sono i professionisti, neppure quelli dell’antimafia istituzionale che solo poche ore prima, nello scenario luccicante dell’Hotel delle Palme, avevano dato vita a un convegno targato Pd sulla “lotta alla criminalità organizzata”, senza neppure pensare di invitare il pm nel mirino. E tantomeno di nominare la trattativa Stato-mafia.   Di lui, dell’uomo che da un giorno all’altro rischia di saltare su una carica di tritolo perché così vogliono “anche entità esterne a Cosa nostra” (questo sostiene Galatolo, rampollo di un clan da sempre sospettato di legami con i servizi segreti), nel convegno-passerella del Pd non si sarebbe neppure parlato, se il procuratore ad interim di Palermo Leo Agueci, alludendo all’escalation delle minacce, non avesse detto che “si guarda a questa situazione con grande attenzione”, e se il presidente dell’Antimafia Rosy Bindi, ospite d’eccezione, non avesse dichiarato che “tutti i dispositivi di sicurezza sono stati messi a disposizione”.
 Ma dietro l’ipocrisia delle dichiarazioni ufficiali, tutti sanno che non è così: da mesi Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso in via D’Amelio, si è intestato una battaglia per ottenere che sulla jeep blindata di Di Matteo possa essere montato il jammer, “l’unico strumento che potrebbe realmente tutelarlo dal
rischio di un attentato”. Nei mesi scorsi, Alfano giurò che avrebbe fatto il possibile per concedere il sofisticato congegno alla scorta del magistrato di Palermo, ma le sue promesse sono rimaste sulla carta. E quando Antonio Ingroia ha puntato il dito contro il “silenzio delle istituzioni”, Agueci ha minimizzato: ‘”Non è vero, l’allarme è costante, si è vista una risposta in tempo reale”.
 LA VERITÀ È che Di Matteo, giorno dopo giorno, è sempre più solo: nella città indifferente, in un Palazzo pieno di invidie. Non ha neanche un capo nel suo ufficio sconquassato dai rancori, perché l’asse Napolitano-Renzi-Berlusconi ha deciso di tarare le procure più “calde” su una giustizia modello Nazareno: e dunque si attende che il Csm coaguli le sue preferenze verso un candidato istituzionale, Franco Lo Voi o Sergio Lari, che vada a Palermo con la benedizione del Colle. Ecco perché l’uomo solo che ieri parlava agli studenti appariva quasi sorpreso di trovarsi attorno quei duemila in corteo: “Voi giovani   – ha detto – avete la possibilità di cambiare le cose: coltivate il vostro sogno”.
Due piani più sopra, nella Procura dei veleni, nessuno ha pensato di scendere in strada al suo fianco: da mesi l’ostilità dei colleghi
si alimenta nelle chiacchiere di corridoio e nelle riunioni della Dda: l’ultima quella del 21 ottobre scorso, quando discutendo dell’imminente   deposizione di Napolitano nel processo sulla “trattativa”, i sostituti presenti non trovarono di meglio che contestare i pm del pool Stato-mafia, Di Matteo in testa, “accusandoli – come riferisce l’Ansa   – di avere cercato la ribalta mediatica attraverso la citazione del capo dello Stato”. L’uomo solo lo sa e tira dritto: “Comunque vada – dice ai suoi ragazzi – avrete combattuto per rendere più giusto e libero il Paese, e sarà stata una giusta battaglia”.

di Sandra Rizza
Il Fatto Quotidiano 16.11.2014

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