NEL DOSSIER DIMENTICATO DA RENZI SI LEGGE CHE IL 40% DEGLI UFFICI PUBBLICI È IN LOCAZIONE E CI COSTA 1,2 MILIARDI L’ANNO. MA RISPARMIARE SAREBBE FACILE.
Quando siete in noiosa attesa in un ufficio comunale o regionale per un certificato o per una commissione, non pensate soltanto al tempo che vi sottrae la burocrazia italiana, ma anche al denaro pubblico che viene speso per farvi stare lì, in coda, proprio in quel palazzo. Perché potreste capitare in un immobile che gli enti pagano a caro prezzo ai privati e che, secondo uno studio dell’ormai ex signor “spending review” Carlo Cottarelli, contribuisce negativamente a raggiungere la cifra di 1,215 miliardi di euro l’anno. Una consistente voce al bilancio statale che la restrizione dei metri quadri per ufficio pubblico (un massimo di 25 mq), varata da Matteo Renzi la scorsa primavera, sta tentando di ridurre con estrema difficoltà. Senza sciogliere contratti con i privati o promuovere sfratti coatti (per fare cosa, poi?), Cottarelli ha lasciato in eredità un piano di revisione della spesa sugli immobili.
PER COMPRENDERE la questione, larghissima come la superficie che necessita il sistema Stato, vanno precisati i numeri. Le amministrazioni utilizzano uno spazio di 79.290.000 mq: è vero che l’81% è di proprietà pubblica, ma il restante 19% pesa, come detto, per 1,215 miliardi. E poi c’è un particolare da evidenziare. Se si esclude il ministero della Difesa, che possiede vecchie caserme da dismettere o da ristrutturare e uffici perfettamente funzionanti per 42.564.000 mq, si evince che le altre amministrazioni per il 40% sono in affitto e producono il miliardo e oltre di passivo. Non è semplice modificare questa prassi che a volte è un’esigenza, tant’è che Cottarelli e i suoi collaboratori citano nella relazione una indagine del precedente signor “spending review”, Enrico Bondi. Cottarelli propone un risparmio di 200 milioni dal prossimo anno e di 100 milioni dal 2016, così si andrebbe sotto il miliardo, ma non è una soluzione definitiva. Perché lo stesso ormai ex commissario, dal primo di novembre rientrato con sollievo al Fondo Monetario Internazionale a Washington, osserva che la riforma degli immobili va ideata e praticata seguendo una doppia direttiva: riqualificare gli immobili del Demanio e, nel frattempo, tagliare gli sprechi di spazio. Ma c’è un ostacolo, molto impervio: “In alcuni contratti di locazione sono presenti clausole molto restrittive che rendono difficile il rilascio degli immobili”. O ci sono pastrocchi che vanno a toccare la legge, la giustizia, come i due palazzi che il deputato dem Marco Di Stefano affittò per la società regionale “Lazio Servi-ce” per più di 7 milioni di euro l’anno, ne beneficiarono i costruttori Pulcini. O come l’impero che il palazzinaro Sergio Scarpellini ha creato ospitando nei suoi immobili di pregio le più alte istituzioni, Camera e Senato su tutte. Che adesso – dopo le iniziative dei Cinque Stelle – si sono accorte che possono sopravvivere anche nelle rispettive e storiche sedi.
COTTARELLI lamenta anche l’assenza di coordinamento tra i vari enti e fa un esempio lampante. A Prato, nel raggio di 4 km, gli enti pagano ai privati 15 affitti, che diventano 28 se allarghiamo la mappa e si allarga pure il costo: 8,7 milioni di euro l’anno. Lo studio fa notare che le amministrazioni statali non sbracano esclusivamente per concedere a fortunati dirigenti o funzionari stanze da 40-50 metri quadri a esser parchi, ma si butta via un sacco di denaro anche per i servizi di portineria, manutenzione e pulizia. Per adesso, il governo prova a insistere con gli accorpamenti (come nel recente caso di Chieti) e gli uffici entro i 25 mq. Il miliardo e 215 milioni di euro è appena eroso, ci vorrà ben altro che arginare questo spreco in un Paese che non sa che farsene di caserme e non ha denaro per recuperare palazzi di valore.
Ste. Fel. e Ca. Tec.
Il Fatto Quotidiano 09.11.2014