Oggi 56 sindaci si riuniscono per evitare le trivellazioni per il petrolio
La Regione sostiene la galleria Pavoncelli bis che svuoterà i nostri fiumi
Un magistrato del pubblico ministero le definirebbe “più azioni esecutive di un unico disegno criminoso”. A metterle in fila vicende apparentemente separate, al netto dell’ubriacatura elettorale che stiamo vivendo e che non ci abbandonerà fino a maggio, con le amministrative in 32 comuni, offrono il quadro di una provincia che è sotto attacco. Un saccheggio che punta diritto al cuore della nostra risorsa primaria: l’ambiente. La stessa che tutti i nostri signori politici, quando sono chiamati a dare uno straccio di risposta in termini di programmazione dello sviluppo, propongono come unica arma per implementare turismo, progettualità,risorse ed investimenti da attrarre. Con il declino dello sviluppo industriale partito da Irisbus, continuato con la Fma e le decine di stabilimenti chiusi ad effetto della crisi, la prospettiva di ritrovarsi con il territorio devastato dalle trivellazioni a caccia di petrolio, la portata dei fiumi minacciata dalla realizzazione della galleria Pavoncelli bis ed anche le eccellenze a rischio, con il Fiano doc in pratica clonato sempre dalla Puglia, qualcuno dovrebbe spiegare dov’è l’Irpinia, la comunità, il senso di appartenenza e la sacrosanta difesa del territorio. Chi e quando, e non per provincialismo, riterrà opportuno intervenire, per frenare i predatori? Provano a farlo sempre e soltanto i sindaci. In 56 si riuniscono oggi al castello Candriano di Torella dei Lombardi contro le trivellazioni: ma si ritroveranno soli, come con l’acqua, con la Regione contro e nemmeno uno straccio di parlamentare, tutti concentrati su astruse alleanze ed equilibrismi che servono soltanto a loro. Sull’acqua, poi, siamo al paradosso. Dopo Caposele anche Cassano vende le quote comunali delle sorgenti, con procedure fai-da-te, al migliore offerente. E c’è la commissionaria Mo.Se. (Montemiletto Servizi) del committente Sindaco Eugenio Abate che vorrebbe acquistarle, per rivenderne le eccedenze e fare eventualmente business. E’ lo stesso Abate che sta ai vertici dell’Alto Calore. E’ lo stesso Abate che come comune si è staccato dall’Alto Calore, ottenendo come primo risultato un aumento del costo delle eccedenze in bolletta per i propri cittadini. E’ lo stesso Abate che nell’Alto Calore dovrebbe rappresentare l’azienda e gli interessi dei sindaci, quando lui, come sindaco, ha preferito abbandonarlo. Con una politica in queste condizioni, la preoccupazione è che a difesa del territorio non ci sia più nessuno e chi dice di esserlo attraversa uno stato confusionale, comatoso. Uno non è che s’immagini la gente ai confini con i forconi in mano. Ma ci s’interroga sul perché lo scempio dei cacciatori di petrolio in Val d’Agri nessun politico lo abbia mai raccontato. Ci si pongono interrogativi sul perché il piano d’ambito per l’affidamento del servizio idrico sia finito in lotta tra i partiti e non in bollette meno care per tutti. E sul perché continuiamo a pagare in anticipo l’acqua all’Alto Calore perché chi lo governa non riesce mai a far quadrare i conti.
Federico Festa
Ottopagine 24 gennaio 2013