NON SOLO RENZI, ANCHE IL MINISTRO HA LA SUA CORTE: DALL’AVVOCATO TOMBARI AL PADRE TRA BANCHE E CDA.
Smisero quasi subito, anche nel Pd, di chiamarla la giaguara della Leopolda. Lei, avvocato civilista, non gradiva. E nel clima prerenziano fare un torto a Matteo Renzi pareva non opportuno. Poi si vestì di blu elettrico e giurò al Quirinale da ministro. Segno che la videro giusta. Anche e soprattutto perché Maria Elena Boschi non è solo acqua e sapone, ha un suo sistema di potere, molto familistico e potente, soprattutto a Firenze. Uomo cardine della sfera Boschi è l’avvocato civilista Umberto Tombari, il professionista che ha battezzato avvocato la giovane Maria Elena. Nel suo studio la ragazza, appena laureata, svolse la pratica. E Tombari, che non è uno di quei nomi che fa inchinare il foro, nei giorni del massimo splendore renziano, lo scorso maggio, è diventato presidente dell’Ente Cassa di risparmio di Firenze. Un ruolo che, nel capoluogo toscano, vuol dire dirigere il potere come un vigile urbano fa col traffico. L’ultimo esempio: Tombari ha messo la firma due giorni fa su 26 milioni nei confronti del terzo settore e, al convegno, ha parlato col piglio del futuro ministro: “E’ giunto il momento di una governance collettiva sul welfare”. Classe 1966, rossiccio nei capelli, Tombari è legato anche a Renzi: fu l’attuale presidente del consiglio che gli chiese di guidare la partecipata del Comune Firenze mobilità, 39 mila euro all’anno di compenso più un gettone di presenza di 250 euro per ogni consiglio d’amministrazione. Una società chiave nella gestione delle casse fiorentine pari alla Firenze Parcheggi che aveva come amministratore delegato Marco Carrai, oggi anche lui nel cda dell’Ente cassa dove guida il comitato d’indirizzo. Tombari può vantare anche l’amicizia con Michele Vietti, ex vicepresidente del Csm, con il quale ha collaborato nel lontano 2001 alla Commissione ministeriale per la riforma del diritto societario voluta dal ministero della Giustizia. In seguito non ha smesso di frequentare Roma neanche in tempi di tecnici, quando ministro dell’Economia era un presunto salvatore della patria come Corrado Passera. Chiese proprio a Tombari di collaborare al decreto Sviluppo Italia che, sapremo poi, come andrà a finire. Tra gli altri incarichi mantiene la presidenza della Sici, acronimo di società imprese centro Italia e che vede tra i soci Fidi Toscana, Mps capital services, la stessa Cassa di risparmi di Firenze, quella di San Miniato e la Banca Etruria. L’avvocato ha cresciuto un’altra stella del firmamento renziano, quell’Anna Genovese che è diventata commissario della Consob. Insomma, è uno che i talenti li riconosce da lontano. O, molto più semplicemente , sono i talenti che scelgono lui. Come fece, fresca di laurea, la giovane Boschi. In quel periodo la ragazza era già con la testa alla politica, non una frequentatrice assidua delle aule di tribunale. Il padre, che ha seguito passo dopo passo la carriera della ragazza fino al sogno di vederla crescere ministro, in Toscana ha un suo perché, è vicepresidente della Banca dell’Etruria, oltre a una decina di consigli di amministrazione e può vantare nel curriculum di aver guidato la Confcooperative di Arezzo per sei anni, fino al 2010. Pier Luigi, così si chiama il padre, è uomo riservato, ma mastica la politica da sempre con l’occhio più alla vecchia Democrazia cristiana che non al fu Partito comunista. Come ha sempre fatto la moglie, Stefania Agresti, che di Laterina, paese dell’Aretino in cui i Boschi hanno preso forma, è stata anche vicesindaco, sempre per la Democrazia cristiana e poi nel Partito popolare. La ramificazione del potere si è manifestata poi con la nomina di Maria Elena al ministero per le Riforme, voluta ovviamente da Matteo Renzi. Il resto lo ha costruito lei, da sola. Senza lasciare niente al caso o all’improvvisazione.
di Emiliano Liuzzi
Il Fatto Quotidiano 07.10.2014