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SOLTANTO TAGLI CON L’ACCETTA

renzi_cel_pcIL PREMIER AMMETTE IL FLOP DELLA SPENDING REVIEW: IN ARRIVO SFORBICIATE LINEARI DEL 3% AI MINISTERI.

Per una volta la notizia non sono gli annunci ma un’ammissione, quasi una confessione di insuccesso: in una lunga intervista al Sole 24 Ore, il premier Matteo Renzi ammette che dovrà fare ricorso ai tagli lineari per oltre 20 miliardi. Soltanto così, tagliando le risorse invece che i fantomatici “sprechi” potrà sopravvivere alla legge di stabilità. E la politica economica torna indietro di anni, ai tempi delle forbici orizzontali di Giulio Tremonti (che poi incidevano assai poco, perché tagliare senza specificare dove di rado porta risultati). “Ho qui il bilancio dello Stato, questa estate me lo sono studiato bene, sono più di 800 miliardi di spesa pubblica e credo sia arrivato il momento di cambiare metodo”, dice Renzi al direttore del Sole Roberto Napoltano. È lo stesso argomento sempre usato a suo tempo da Silvio Berlusconi: che volete che siano 20 miliardi su 800? E poi il premier annuncia: “Lunedì incontrerò i ministri con il ministro dell’Economia Padoan e valuterò con loro tagli del 3 per cento per ciascun ministero”. Lo scopo: trovare 20 miliardi di coperture per la legge di Stabilità, 3 in più dei 17 già previsti a bilancio.
A FARE I CONTI ci pensa Stefano Fassina, da qualche giorno tornato a fare opposizione interna dentro al Pd al renzismo egemonico: tolta la spesa per gli interessi sul debito pubblico, degli 800 miliardi di cui parla Renzi ne restano  660. Tagliare il 3 per cento in modo orizzontale permette di recuperare giusto 20 miliardi ma, avverte Fassina, “vuol dire tagliare di circa 10 miliardi la spesa per pensioni, di quasi 5 miliardi la spesa per il personale, di oltre 3 miliardi la spesa sanitaria”. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, sempre abile a presidiare il suo ministero, una settimana fa aveva lasciato intuire cosa stava arrivando: “Addio sanità per tutti se ci saranno altri tagli”, era il titolo di una sua intervista al Messaggero che era sembrata un po’ fuori contesto.
In teoria il lavoro del commissario per la revisione della spesa Carlo Cottarelli doveva servire proprio a evitare tagli lineari, eliminando le voci di spesa meno prioritarie invece di una riduzione indiscriminata di risorse che colpisce allo stesso modo ministeri virtuosi e spreconi e che, soprattutto, indica la rinuncia della politica a stabilire come si spendono i denari pubblici. Saranno le singole strutture ministeriali a prendere le decisioni. A Renzi Cottarelli non è mai piaciuto: un po’ perché è stato scelto da Enrico Letta, un po’ perché sosteneva che doveva essere il governo e non un commissario a decidere interventi da miliardi di euro. Risultato: le proposte di Cottarelli vengono snobbate (inclusa la richiesta di chiudere molte aziende partecipate dal pubblico in perdita fissa, le norme c’erano nel decreto Sblocca Italia, ma sono sparite). Ma Renzi non ha idee migliori e quindi ricorre ai tagli lineari. Ma sarebbe sbagliato stupirsi: in fondo anche il bonus fiscale degli 80 euro per il 2014 era stato finanziato in parte con tagli lineari (700 milioni di euro in meno sia allo Stato che agli enti locali, riducendo in modo orizzontale la spesa per beni e servizi). Idem per la Rai: nessuna riforma per legge, semplicemente una sforbiciata al canone da 150 milioni di euro, poi tocca al direttore generale Luigi Gubitosi decidere se ridurre i costi in modo drastico o lasciar fallire l’azienda.
Il programma economico di Renzi nell’intervista al Sole ha numeri mirabolanti: copertura duratura del bonus degli 80 euro (10 miliardi), misteriose privatizzazioni (almeno 7 miliardi, ma il premier non vuole cedere quote di Eni ed Enel, quindi che farà? mistero), nessun accenno ai 12 che mancano per rispettare gli obiettivi europei e ai 3,5 di aumenti di tasse che stanno per scattare per clausole di salvaguardia presenti nelle leggi di stabilità del passato. Anche sul lavoro il premier ondeggia. Introdurrete sì o no il contratto unico a tempo indeterminato flessbile ma con tutele crescenti?, chiede il direttore del Sole Napoletano. Risposta vaga: “Introdurremo in Italia il modello di lavoro tedesco, non quello spagnolo”. E in Germania ci sono i mini job a tempo parziale pagati 400 euro al mese, non il contratto unico.

tremonti  La conversione culturale di Renzi all’approccio che fu di Giulio Tremonti è completa. Presentandola come se fosse un’idea sua, Renzi propone: lega fiscale tuttora in Parlamento) mai attuata che doveva trovare 20 miliardi di risparmi. In assenza della riforma, scattava un taglio lineare di pari entità alle agevolazioni fiscali. Non è successo niente di tutto questo ma da tre anni quattro governi diversi si sono arrabattati per trovare quelle risorse che le forbici orizzontali facevano sembrare a portata di mano. I tagli lineari, nella storia recente, non funzionano mai.

“Perché la Rai non può pensare di trasmettere in prima serata film in lingua inglese sottotitolati?”. Tremonti ne aveva fatto una proposta di legge nel 2012, ignorata dai più. Se Renzi chiedesse a Tremonti che fine hanno fatto le altre sue ricette di politica economica, forse, un po’si preoccuperebbe: nel 2011 Tremonti si congedò lasciando una riforma del fisco (la famosa delega del fisco tuttora in Parlamento) mai attuata che doveva trovare 20 miliardi di risparmi. In assenza della riforma, scattava un taglio lineare di pari entità alle agevolazioni. Non è successo niente di tutto questo ma da tre anni quattro governi diversi si sono arrabattati per trovare quelle risorse che le forbici orizzontali facevano sembrare a portata di mano . I tagli lineari, nella storia recente, non funzionano mai.

di Stefano Feltri
Il Fatto Quotidiano 04.09.2014

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