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La fiaba renziana della sfida ai “soliti noti”

marcegagliaORA SE LA PRENDE COL “CAPITALISMO DI RELAZIONE” DOPO AVER PIAZZATO AMICI E FINANZIATORI DAPPERTUTTO.

Matteo Renzi non è un politico, ma qualcosa di meno e di più: è come uno di quei guru americani che insegnano al pubblico pagante l’autocura, l’autostima, l’autoinganno. Renzi vive in un mondo in cui basta sentirsi giusti, buttarsi e il resto viene da sé: quando uno si sente figo non ha nemmeno bisogno di essere coerente, perché è lui stesso il miracolo che stavamo aspettando e ignora, per così dire, ogni contraddizion che nol consente.

L’EQUIVOCO narrativo che ne scaturisce – un impasto di vecchi adagi recuperati nel salotto di Nonna Speranza, cronaca mal digerita e buona coscienza a prezzi di saldo – viene generosamente chiamata “visione”. Ieri, per dire, la visione di Renzi è tornata a parlarci attraverso le anticipazioni di un’intervista rilasciata dal nostro a Tempi, settimanale dell’ala destra di Comunione e Liberazione: “In Italia è il momento di passare dalla logica del piagnisteo a quella della proposta”. E poi? “Serve lo spirito del maratoneta” (ma solo se un italiano ha appena vinto gli Europei, mentre la generazione Balotelli può ormai andare a Liverpool o in qualche altro paese). Che altro ancora? “Togliere il paese dalle mani dei soliti noti, quelli che vanno in tutti i salotti buoni a concludere gli affari di un capitalismo di relazione ormai trito e ritrito”.
Questa, dice lui, “è la rivoluzione culturale che serve all’Italia: spalancare le finestre e fare entrare aria nuova”. Così, al settimanale di Cl, parlò l’ex portaborse di Lapo Pistelli, oggi sottosegretario.

Ecco, a questo punto, uno dovrebbe ricordare al signor “Aria Nuova” che dalle sue finestre spalancate sarà uscito Paolo Scaroni, ma è entrata alla guida dell’Eni Emma Marcegaglia, ex presidente di Confindustria la cui azienda di famiglia – tra le altre cose – fu incidentalmente coinvolta anni fa nella consegna di mazzette a un manager del gruppo Eni. Dalla finestra spalancata, ancora, è uscito Fulvio Conti, mentre Gianni De Gennaro, dalla sua poltrona, non ha sentito de gennaronemmeno un po’ di brezza mentre alzava il telefono per dare il benvenuto in Finmeccanica a Mauro Moretti, nome che ha un certo curriculum nelle aziende di Stato.
Gli strali contro “il capitalismo di relazione” poi, così cari all’amico e – forse – finanziatore Diego Della Valle (nessuna sorpresa: lo fu già di Clemente Mastella), sarebbero meno spiacevoli in bocca a uno che non avesse perpetuato, e largamente, “la politica di relazione”: le nomine di amici, sponsor e conoscenti – quasi tutti toscani – in governo, sottogoverno e aziende pubbliche col signor “Aria Nuova” hanno raggiunto livelli difficilmente riscontrabili nella storia della Repubblica. Il Fatto Quotidiano, a inizio luglio, ne contò almeno 26 (e se ne contano di nuove): sono i valvassini del nuovo Granducato renziano. Esempi? Quanti ne volete: Marco Seracini, commercialista e fundraiser del premier, è finito nel cda Eni; Alberto Bianchi, presidente della Fondazione Open (già Big Bang) e suo avvocato, è andato in Enel; l’amico e finanziatore Fabrizio Landi in Finmeccanica. Questo solo per dare l’idea di che tipo di avversario si ritrova “il capitalismo di relazione” italiano.
SI POTREBBE, si diceva, ricordargli tutto questo per dire: “Da che pulpito?”. Sarebbe inutile. Renzi non capirebbe la critica: non è in malafede, vive in una bolla in cui la sua limpida coscienza – unita a una rotonda capacità di rimozione del reale – è tutto ciò che basta al mondo, o almeno all’Italia, per rinascere a nuova vita. Sempre da Tempi: “Solo l’atavica volontà di parte della classe dirigente italiana impedisce di prendere atto di una realtà: noi stiamo aiutando l’Europa, non è l’Europa che aiuta noi”. Non è faccia tosta, è la visione. La stessa che gli ha consentito, venerdì, di commentare la situazione in Iraq con l’antico giovanilismo “tanta roba” senza nemmeno scoppiare a ridere o vergognarsi.  È la buona coscienza che ce lo conserva ragazzo, la buona coscienza che lo spinge nella sua lotta contro i gufi in particolare e i cattivi in genere, ancora la buona coscienza che gli consente di buttare il cuore oltre l’ostacolo e il cervello oltre la realtà. Però – lo spiegò bene Giorgio Gaber parlando dei Radicali – con la coscienza bisogna stare attenti: “È come l’organo sessuale: o dà la vita o fa pisciare”.

di Marco Palombi
Il Fatto Quotidiano 24.08.2014

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