Ieri, a La7, il Pacioccone Mannaro ha detto agli italiani di “andare in vacanza belli allegri”. E’ la versione post-contemporanea dei “ristoranti sempre pieni” di Berlusconi. Il paese va allo sfascio, la recessione cresce (è gufa e rosicona anche l’Istat) e molti italiani neanche possono sognarla una vacanza, però Renzi continua a dispensare frasi fatte, come se l’Italia vivesse in un universo parallelo.
E in effetti un po’ è così, perché mentre quasi tutto il giornalismo italiano lo celebra con profusione di ossequi e inchini, Europa e Stati Uniti lo hanno già scaricato. Mario Draghi, presidente Bce non certo grillino e forse appena più attendibile di un Farinetti o una Dolce Forno Mascellata Picierno, lo ha demolito con nettezza rara. Die Zelt e Financial Times già lo ridimensionano, il Wall Street Journal parla addirittura di “speranza spazzata via”.
Noi però abbiamo i Cazzullo, che danno la colpa ai 5 Stelle (non si sa bene di cosa, non essendo mai stati al governo). Il Parlamento sta approvando a tappe forzate, con spregio di ogni regola minima (vergognoso il trattamento riservato ieri al senatore Lucidi dall’improponibile Grasso), una riforma costituzionale aberrante, scritta in coabitazione con il peggiore centrodestra d’Europa.
Renzi in Italia fa il bulletto pingue, perché quasi tutti glielo permettono e in pochi osano ricordargli – per esempio – le ennesime bugie sui mistici 80 euro, che non hanno minimamente “rilanciato” i consumi e che sono stati promessi a categorie che mai ne beneficeranno (guarda caso prima di una consultazione elettorale: toh, che coincidenza).
In Europa, però, Renzi è ovviamente trattato per quello che è: un Berlusconi appena più accettabile ma non meno caricaturale, che sbraita e millanta ma alla fine non conta nulla (emblematica la figura da grullo sulla candidatura Mogherini). L’Italia continua a essere un paese in crisi e a sovranità limitata, ma da noi vige il culto della “speranza”: il realismo è “sciacallaggio” e la bugia ripetuta una verità conclamata.
Tutto capovolto, tutto al contrario. Null’altro che l’eterna farsa dell’orchestrina che continua a suonare, peraltro male, mentre il Titanic affonda. Però con ottimismo.
di Andrea Scanzi
Il Fatto Quotidiano 08.08.2014