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Luigi Di Maio – “Il Colle non arbitra, gioca da capitàno”

luigi_dima (1) La nostra è una battaglia per evitare al Paese un governo autoritario, per questo siamo andati al Quirinale”. Luigi Di Maio, il grillino vice-presidente della Camera, spiega così l’insolita quanto clamorosa iniziativa di abbandonare i banchi di Palazzo Madama per la piazza del Quirinale.

Una salita al Colle, difficile non pensare all’Aventino degli Anni Venti. Pensa che il Paese stia vivendo un periodo simile?

Non faccio paragoni. Dico solo che il combinato disposto tra una legge elettorale senza preferenze, un Senato elettivo che esprimerà la classe politica più corrotta del Paese, quella delle Regioni, e l’affossamento di un istituto come quello del referendum, mi spaventa molto. Anzi, mi terrorizza. Al confronto il Porcellum non è niente. Qui stanno consegnando il Paese nelle sole mani delle segreterie di partito.

 Perché al Quirinale?

Ci stiamo aggrappando disperatamente a quelli che dovrebbero essere gli organi di garanzia delle regole democratiche, primo fra tutti il presidente della Repubblica. Che però, invece di fare l’arbitro, è da tempo sceso in campo con una delle squadre e indossa pure la fascia di capitano. Napolitano sta ripetendo lo stesso schema del governo Letta quando entrò nel pantano che Napolitano stesso aveva creato. Renzi sta facendo lo stesso percorso. E come allora il Colle interviene. Non per garantire le regole del gioco ma per censurare espressioni democratiche non in linea con il suo governo. Come Letta anche Renzi sta inciampando nell’arroganza del potere, pensa di poter disporre della Costituzione solo perché ha un premio di maggioranza.

 Tutta colpa del Pd?

È il loro stile. Hanno fatto immediatamente quadrato non appena abbiamo chiesto un confronto. E allora giù di tagliola. Abbiamo cercato di parlare con loro, ma questi pensano di poter fare la più grande e importante riforma costituzionale degli ultimi 70 anni senza nemmeno ascoltare le  opposizioni. È incredibile, non hanno un minimo di cultura democratica. Renzi dice che le riforme non si sbattono in faccia alle opposizioni. E la tagliola invece sì?

 Chi ha preso la decisione?

È stata una reazione spontanea delle opposizioni che si vedono negati i più elementari diritti parlamentari. C’è un Paese in crisi, sempre più povero e c’è un Parlamento che millanta queste riforme come la soluzione di tutti i mali. Non reagire è impossibile. Ed è, si badi, una reazione assolutamente democratica.

Vi siete trovati in piazza con  Lega e Sel…

Noi abbiamo sempre votato a fianco di tutti, Lega, Sel, Forza Italia, persino del Pd, quando ci siamo trovati d’accordo sulle cose da fare. Non è quello il problema. Semmai il dato politico vero è che i due alleati storici di Forza Italia e del Pd, Lege e Sel, si ribellano all’asse Renzi-Berlusconi. E con questa ribellione hanno legittimato la nostra battaglia democratica per la difesa della Costituzione.

 Come vi muoverete nei prossimi giorni?

Agiremo nei margini della Costituzione, ma non staremo certo tranquilli. Non è possibile. Quando saltò la riformadell’articolo 138 fu grazie a 53 ore di lotta parlamentare. Alla fine saltarono gli accordi nella maggioranza. Salvammo la Costituzione. Dobbiamo fare lo stesso. Ci devono ascoltare, perché noi non vogliamo bloccare le riforme. Vogliamo migliorarle. Ma di fronte a noi c’è un muro.

di Stefano Caselli
Il Fatto Quotidiano 25.07.2014

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