“Dopo la mossa di Grillo sulle riforme, Renzi è frettolosamente salito al Colle per consultarsi con il Capo dello Stato. A Re Giorgio, che pareva essersi defilato dopo aver imposto la soluzione definitiva alla sua politica delle “larghe intese” (il pattoBerlusconi-Renzi), resta sempre l’ultima parola, la decisione del sovrano. Così accadrà sulle riforme, e così è accaduto nei giorni scorsi nella vicenda che ha riguardato il CSM, l’organo di garanzia della autonomia e indipendenza della magistratura ordinaria che egli presiede.
Alla vigilia della decisione del CSM sull’esposto presentato contro il procuratore Bruti Liberati, uno dei leader di Magistratura Democratica, per irregolarità nell’assegnazione dei fascicoli (in indagini che vanno dal processo Ruby all’inchiesta Formigoni, dal caso Gamberale-Sea all’inchiesta Expo), Re Giorgio interviene con una lettera riservata al vice presidente del CSM Vietti, imponendo la linea da adottare.
La lettera è riservata, in quanto, al di là di una raccomandazione generale a tutelare la credibilità dell’ufficio giudiziario, il suo contenuto è stato dichiarato non ostensibile, non divulgabile. Fatto sta che il CSM archivia, poche ore dopo, l’esposto contro Bruti Liberati – e Vietti conferma: la decisione presa “mi sembra rispettosa delle indicazioni del presidente della Repubblica”. Non è un caso che Napolitano sia intervenuto direttamente su questa vicenda. Forse aveva un debito di riconoscenza nei confronti del magistrato che usò la “mano morbida” con i vertici del Pd durante il caso Unipol, come ha ricordato Clementina Forleo – ex Gip di Milano, poi “allontanata” proprio in occasione delle indagini Unipol.
Il CSM, dunque, che pure all’inizio pareva essersi orientato diversamente, dopo l’intervento di Re Giorgio archivia il caso. Vicenda chiusa. E tutto sarà presto dimenticato, grazie all’ennesima forzatura dei poteri attributi al Capo dello Stato dalla Costituzione. Certo, la presidenza del CSM è di diritto affidata al Capo dello Stato. Ma, come aveva ricordato Ruini in sede di Assemblea Costituente, «nella concezione complessiva, che ha ispirato il Comitato e l’Assemblea nell’accettare la struttura da essa proposta dell’ordinamento statale, abbiamo considerato il Capo dello Stato come fuori d’ogni potere (non gli abbiamo perciò data la sanzione delle leggi); ma appunto perché egli è al vertice di tutto, interviene nel dare espressione agli atti più eminenti dei vari poteri: promulga le leggi, emana i provvedimenti del Governo di maggior rilievo; non poteva essere estraneo a quello che è comunemente designato per terzo potere. Ci è sembrato che dargli la presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura risponda alle linee generali della Costituzione, mentre dà dignità e risalto al Consiglio Superiore della Magistratura. Quanto al timore che in questa funzione il Presidente della Repubblica esca dalla sua imparzialità, e possa compromettersi personalmente, non dobbiamo dimenticare, come ho detto tante volte, che la funzione del Presidente della Repubblica è una funzione di arbitro, di moderatore, di equilibratore».
Ebbene: Napolitano si è comportato come moderatore, arbitro, equilibratore? Re Giorgio è “fuori d’ogni potere” (o piuttosto da ogni limite al suo potere)? E come mai, all’epoca del “picconatore”, il CSM era pronto alla guerra aperta contro Cossiga, mentre oggi si piega, senza ciglio battere, alle pressioni segrete del Capo dello Stato? Ancora nel 2009, l’allora presidente emerito Cossiga scriveva a Napolitano osservando come il CSM fosse divenuto una “struttura servente” dell’Associazione Nazionale Magistrati. Re Giorgio, fatto proprio il consiglio, l’ha trasformato in una struttura servente della Presidenza della Repubblica.
Questa triste vicenda dimostra almeno quanta importanza abbia la prossima elezione dei membri del CSM, che scadrà il 31 luglio. Tra qualche giorno, quindi, il Parlamento sarà chiamato a scegliere gli 8 componenti laici del Consiglio Superiore. Sarà in questa occasione che il M5S dovrà tentare di spezzare gli accordi tra Pd e Forza Italia per la spartizione delle cariche”.
Paolo Becchi