La biblica foglia di fico serviva per coprire i genitali di Adamo ed Eva scacciati dal Paradiso Terrestre. Per nascondere le loro vergogne. L’utilità della foglia di fico in politica è evidente. Una verniciatura arancione o montiana e il vecchio torna come nuovo. E’ un gioco di specchi, una vecchia tecnica di marketing. Cambio il fustino, ma il contenuto è sempre lo stesso: il partito. Nel caso di Rigor Montis l’operazione serve a salvare Azzurro Caltagirone e l’UDC di matrice cuffariana e clericale dall’uscita dal Parlamento, nel caso di Ingroia a creare un minestrone con tre partiti, Idv, Verdi e Prc che non hanno da soli alcuna possibilità di superare lo sbarramento elettorale. In più ci sono gli arancioni, in sostanza due sindaci più i loro congiunti, una famiglia Cesaroni allargata. Chi fa la foglia di fico non sempre ne è consapevole. E’ di solito una brava persona, onesta, che nel suo ruolo ha operato per il bene della società. I motivi della discesa in campo o salita in politica dei fogliafichisti appartengono talvolta alla sfera del mistero, in altri casi al desiderio di visibilità. I partiti per riciclarsi hanno un disperato bisogno di foglie di fico, cosa c’è di meglio di campioni della società civile per nascondere fallimenti ventennali, perché tutto cambi per rimanere come prima? Gratta la foglia di fico e trovi il vecchio partito, le sue logiche, i suoi affari, la sua nomenclatura. Il cambiamento deve partire dai cittadini, non c’è bisogno di leader, di aspiranti premier, ma di una partecipazione diretta alla politica con dei portavoce per applicare i programmi. E’ una rivoluzione dolce, partecipata, senza leader, né persone del destino. Ingroia ha detto che la sua porta per il MoVimento 5 Stelle è aperta. Lo ringrazio, ma, per favore, la richiuda.
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