Il Servizio bilancio chiede “chiarimenti” al governo. A rischio una parte importante delle coperture del “decreto 80 euro”: l’aumento della tassazione sulle quote della Banca d’Italia rischia di aprire la strada a contenziosi mentre il taglio Irap potrebbe pesare più del previsto sulle entrate fiscali. La previsione di minor gettito “non appare prudenziale”.
I tecnici del Servizio bilancio del Senato fanno cadere due pesanti tegole sulla testa di Matteo Renzi. Nel mirino finiscono la tassa sulle banche, fondamentale e simbolico tassello delle coperture del decreto Irpef per il 2014, e l’effetto del taglio dell’Irap sul gettito fiscale. Innanzitutto, scrivono i tecnici, l’aumento dell’aliquota d’imposta sulla rivalutazione delle quote di Banca d’Italia –deciso per finanziare il bonus di 80 euro in busta paga – pone dubbi di costituzionalità. Perché i “repentini mutamenti del quadro normativo potrebbero finire per definire la tassazione postuma di una ricchezza non più attuale ovvero non garantire quell’esigenza di anticipata conoscenza da parte del contribuente del carico fiscale posto sulle proprie attività economiche, con conseguente possibile violazione di precetti costituzionali”. Tradotto dal burocratese, significa che la modifica retroattiva dell’aliquota rischia di essere incostituzionale, come ventilato dalle stesse banche già dopo i primi annunci sull’intenzione del governo Renzi di “chiedere sacrifici” agli istituti che hanno beneficiato dell’operazione di rivalutazione del capitale di Bankitalia. Il dl Irpef prevede, all’articolo 12, che la tassa sulle plusvalenze derivati alle banche e alle assicurazioni da quella rivalutazione passi dal 12% al 26% e non sia più corrisposta in tre rate ma in un’unica soluzione. Nella Nota di lettura sul decreto, i tecnici citano gli articoli 41, 53 e 97 della Costituzione (rispettivamente sulla libertà dell’iniziativa economica, la tassazione “in ragione della capacità contributiva” e l’equilibrio di bilancio) e sottolineano che “andrebbero valutati con attenzione i profili di compatibilità della norma in esame con il predetto dettato costituzionale, anche in considerazione delle ricadute sul gettito di eventuali contenziosi“. Come è noto, da questa misura il governo conta di ricavare 1,8 miliardi sui 6,7 necessari come copertura per il Dl Irpef per il solo 2014.
Ma non è finita: i tecnici mettono in dubbio anche la quantificazione del minor gettito che deriverà dal taglio dell’Irap (la tassa che grava sulle imprese), inserito anch’esso nel dl Irpef. Quella sforbiciata, spiegano i tecnici, potrebbe tradursi, per le casse del Fisco, in un ammanco superiore ai 2 miliardi previsti dal governo e dalla Ragioneria nella relazione tecnica al provvedimento. “La quantificazione di minor gettito contenuta nella relazione tecnica, pari a 2.059 milioni in ragione d’anno, corrisponde all’8,3% rispetto alle entrate del 2014″, si legge nel dossier. “Tale percentuale è sensibilmente inferiore a quanto previsto dalla normativa, dato che le variazioni in riduzione vanno dal 9,52 al 10,53%, a seconda del settore di attività. Per questo motivo, si ritiene che gli effetti di minor gettito derivanti dalle disposizioni in esame possano verosimilmente attestarsi su importi più significativi di quelli esposti in relazione tecnica”. Inoltre, “l’aver assunto un andamento di minor gettito come costante nel tempo non appare prudenziale, considerando i dati in crescita del gettito Irap riportati nel Bollettino delle entrate tributarie negli anni 2011-2013 (23.962 milioni nel 2011, 24.422 nel 2012 e 24.813 per il 2013); la considerazione di tale crescita comporterebbe anche un incremento, nel corso degli anni, del minor gettito associabile alla riduzione delle aliquote”. I tecnici del Servizio Bilancio chiedono quindi chiarimenti al governo anche alla luce del fatto che la relazione tecnica non tiene in considerazione gli effetti finanziari a carico delle Regioni.
di Redazione
Il Fatto Quotidiano 02.05.2014