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Province, taglio col trucco Aumentano le poltrone

provinceSORPRESA: LA LEGGE DELL’ABOLIZIONE APPENA APPROVATA AVRÀ COME EFFETTO COLLATERALE CHE CI SARANNO PIÙ CONSIGLIERI COMUNALI E ASSESSORI.

 La grande infornata è pronta. Il “regalino” del sottosegretario Graziano Delrio sarà scartato il 25 maggio, giorno delle elezioni amministrative che riguardano 4.106 comuni italiani (di cui 3.908 appartenenti a regioni a statuto ordinario). Da quel giorno, in attesa di svuotare le Province, il governo Renzi comincerà a gonfiare i piccoli Comuni. Il ddl Delrio prevede l’incremento dei consiglieri e degli assessori eletti in tutte le cittadine e i paesi con meno di 10 mila abitanti. La prima tranche arriva con il rinnovo dei consigli comunali di fine maggio. Le poltrone sono così distribuite: 13.488 nuovi seggi per consiglieri comunali, 2.612 per assessori. L’opera sarà completata mano a mano che anche le altre città torneranno al voto. Alla fine in Italia ci saranno circa 25mila consiglieri e 5500 assessori comunali in più.    LA RIFORMA riguarda proprio tutti. Anche i paesi con meno di 1000 abitanti. Figurarsi quelli con meno di 100. Valerio Maxenti è il sindaco di Pedesina, il comune più piccolo d’Italia: la bellezza di 33 anime, in una manciata di case stipate sulle pendici del Monte Rotondo, in provincia di Sondrio. Con lo “Svuota province”, il Comune non dovrà più accontentarsi di 6 consiglieri (come stabilito dopo i tagli di Monti) ma potrà eleggerne fino a 10 (con due assessori, prima erano zero). Il sindaco, artigiano del legno prestato al servizio della sua cittadina, non benedice le nuove poltrone. Dei nuovi consiglieri non sa che farsene: “Ne bastavano sei, non capisco perché il governo viene a rompere le scatole pure qui”. Oltretutto, sarà un caso, l’aumento delle poltrone ha portato la competizione politica pure a Pedesina. Nel 2009 Maxenti era l’unico candidato, ora si parla di due, forse tre liste (una ogni 10 abitanti!). “Vengono da fuori – si lamenta il sindaco – e lo fanno per interessi personali”.La lievitazione dei seggi di Del-rio cancella la parsimonia del governo Monti. Le manovre del professore del 2011 e 2012, in piena ansia da spread e spending review, avevano tagliato i numeri dei rappresentanti dei piccoli comuni: al massimo 6 (e senza assessori) per i centri con meno di 1.000 abitanti, al massimo 10 (e non più di 3 assessori) per quelli con più di 5000 e meno di 10.000 abitanti. La riforma di Delrio semplifica e moltiplica. Solo due categorie per i piccoli comuni: meno di 3.000 e meno di 10.000 abitanti. I primi possono eleggere 10 consiglieri e 3 assessori, i secondi 12 consiglieri e 4 assessori. Il risultato finale è nei numeri citati sopra. Oltre 30 mila poltrone in più, per una riforma che Renzi aveva presentato con queste parole: “Dobbiamo dare un segnale chiaro, forte e netto, con 3 mila posti per i politici in meno. Tremila persone smetteranno di fare politica e proveranno l’ebbrezza di trovare un lavoro”.

LE PROVINCE, come noto, non saranno abolite. Non prima, per lo meno, della riforma del titolo V della Costituzione. Saranno cancellate le cariche elettive (i tremila posti politici a cui si riferisce Renzi, tralasciando l’aumento degli altri) ma non le strutture di governo, che conserveranno diverse funzioni. I nuovi consigli provinciali saranno eletti e composti dai sindaci e i consiglieri dei comuni da loro rappresentati. Gli eletti, quindi, dovranno lavorare sia per il comune che per la relativa provincia, con uno stipendio solo. La promessa del governo, infatti, è che l’infornata di poltrone nei piccoli comuni non porti un euro di spesa in più: ogni centro dovrà rivedere gli importi di indennità e gettoni. Difficile, però, immaginare che un consiglio comunale con 6 dipendenti abbia le stesse spese di uno con 10 consiglieri e 2 assessori (non fosse altro che per la dimensione dei nuovi uffici e per l’acquisto di beni e servizi per un numero maggiore di persone). L’impatto complessivo della riforma, in ogni caso, non dovrebbe essere trascendentale: la Corte dei Conti ha stimato i risparmi in non più di 35 milioni di euro.

di Tommaso Rodano
Il Fatto Quotidiano 16.04.2014

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