Salute

In Abruzzo ci si potrà curare con la cannabis

Cannabis terapeuticaIL GOVERNO NON IMPUGNA LA LEGGE REGIONALE: UNA NOVITÀ RISPETTO AGLI ESECUTIVI DI B. E MONTI. PLAUDE PERFINO GIOVANARDI.

 Doveva esserci qualcosa nell’aria, ieri, a Roma. Forse l’incipiente primavera ha spinto anche Carlo Giovanardi, in genere così amante delle posizioni forti, a riconoscere la bontà di quanto (non) fatto dal governo. In sostanza, il Consiglio dei ministri di ieri ha deciso di non impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge della regione Abruzzo che disciplina l’utilizzo di farmaci e preparati galenici a base di cannabinoidi. Il tutto avviene in base a una legge nazionale che lo consente, ma è una piccola novità perché finora i governi di centrodestra (e pure quello Monti nel caso di Liguria e Veneto) avevano sempre denunciato questo tipo di norme regionali alla Consulta. Sia chiaro, l’Abruzzo non è il Colorado italiano: non ha legalizzato la cannabis per scopo, diciamo, ludico. Ha semplicemente introdotto una norma di civiltà visto che in molti campi, dalla terapia del dolore ad alcune patologie neurologiche, i cannabinoidi hanno ottimi effetti e, il che non guasta, sono pure meno costosi dei loro concorrenti. Spiega Maurizio Acerbo, consigliere regionale di Rifondazione comunista e promotore della legge insieme al collega del Pdci Antonio Saia (ma l’hanno firmata anche esponenti del Pdl come Riccardo Chiavaroli e Walter Di Bastiano): “Come hanno riconosciuto le associazioni dei pazienti, il nostro è un testo molto avanzato, ora però bisogna fare un regolamento attuativo che non introduca chiusure”.    I PUNTI DI FORZA della legge abruzzese, secondo Acerbo, sono tre: “Non abbiamo inserito limitazioni alla prescrizione, nel secondo che decidono i medici”; “una volta che il medico specialista ha stabilito il piano terapeutico, poi la ricetta uno può farsela fare anche dal medico di base”; “il trattamento può essere effettuato anche a casa propria”. In più, non del tutto ovviamente, la fornitura dei farmaci è gratuita: a questo fine la legge ha stanziato 50mila euro l’anno nel 2014 e 2015. Il governo Renzi, come detto, ha deciso di lasciarla passare e persino Carlo Giovanardi ha rinunciato a una delle sue facili battaglie: “È una legge in sintonia con la legislazione nazionale in vigore. La norma ammette la cannabis per ragioni curative dietro presentazione della ricetta medica. E ha fatto il bene il governo a non impugnarla”.
Qual è il problema? Uno non tanto piccolo: in sostanza in Italia non c’è produzione di farmaci basati sui cannabinoidi e ancor più difficile è, ovviamente, trovarli in farmaci per realizzare i relativi preparati. Ancora Acerbo: “Noi nella legge abbiamo inserito l’autorizzazione per la Regione ‘ad avviare azioni sperimentali o specifici progetti pilota con i soggetti autorizzati’. Qualcuno mi deve spiegare perché, se si riconosce il valore scientifico di questi farmaci, poi mi si costringe ad importarli dall’estero”. Questione che si lega non tanto coi tentativi di liberalizzazione più o meno completa dell’uso ludico della cannabis, ma di certo con proposte come quella del senatore Luigi Manconi (Pd) che si propone obiettivi simili e in più affronta il tema delle “persone giuridiche private” da autorizzare alla coltivazione di cannabis per scopi terapeutici, legittimando anche quella per uso personale.
di Marco Palombi
Il Fatto Quotidiano 08.03.2014

Lascia un commento