Quando sette regioni confluiranno nel Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale l’Irpinia si presenterà all’appuntamento con in dote il più grande bacino idrico del mezzogiorno, ma anche prelievi ingenti, fiumi prosciugati e inquinati, depuratori malfunzionanti, interventi di bonifica montana assenti, deficit idrico e una grande opera, la Pavoncelli bis, duramente contestata. Per il 19 dicembre è prevista la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque che accorpa i quattro procedimenti promossi da Ato Calore Irpino, Parco dei Monti Picentini e Provincia di Avellino. Si intensifica anche la mobilitazione del Comitato per la tutela del Fiume Calore che per sabato 15 ha annunciato una nuova iniziativa ad Avellino [n.d.r. sul Ponte del Calore a Montella].
Che cosa ne pensa l’ATO Calore Irpino? «Abbiamo condotto con ll’Ufficio Tecnico uno studio sulle esigenze idropotabili delle popolazioni – dichiara il presidente Giovanni Colucci – e ora è necessari oche tutti ne tengano conto: in particolare si è invitata la regione Campania a rivedere il fabbisogno utile al territorio prima di firmare nuovi accordi di trasferimenti di risorse idriche e stipulare nuove concessioni. Inoltre, per fronteggiare il deficit di risorsa idrica si è previsto, alla luce dei primi dati dell’aggiornamento del Piano d’Ambito, che alcune aliquote idriche non debbano essere più trasferite verso altre regioni, che si utilizzino le acque provenienti da alcuni invasi artificiali e che si realizzino gli interventi di distrettualizzazione delle reti per il contenimento delle perdite. Contro il Protocollo d’intesa per il trasferimento idrico interregionale tra Campania e Puglia, l’ATO ha effettuato sia attività stragiudiziali che ricorso al TAR in quanto non sono stati rispettati il ruolo dell’Ente, le esigenze idropotabili del territorio e i limiti quantitativi a salvaguardia dei corpi idrici superficiali. E’ stato richiesto all’Assessore all’Ambiente alla Regione Campania di far parte del Comitato di coordinamento, ma non c’è stato alcun riscontro». L’ATO ha proposto interventi di priorità assoluta per gli impianti di depurazione, fognari ed idrici indicando i comprensori più a rischio ed entro dicembre si dovrebbe aggiornare il Piano d’Ambito che definisce gli interventi nei prossimi 30 anni da parte del Gestore Unico. «Alcune opere sono già in corso di finanziamento con risorse europee – continua Colucci – ma se dovessero venir meno, per non gravare sulla popolazione, l’ATO intende attivarsi per acquisire i fondi derivabili dai ristori ambientali che non sono bruscolini». «Per quantificare un vero ristoro ambientale in Irpinia – replica l’Assessore alle Opere pubbliche della Regione Puglia, Fabiano Amati – il Protocollo d’intesa è solo un passaggio intermedio per giungere alla sottoscrizione di un Accordo unico di programma per il trasferimento e cessione dell’acqua nel Bacino del Distretto idrografico meridionale. La materia della compensazione ambientale, compresa la quantificazione, riguarda per motivi idrogeologici tutte le regioni del Distretto e gli obblighi ambientali ed economici sono reciproci». In questo scambio l’Irpinia è creditrice, ma Napoli e Caserta prendono acqua anche da Lazio e Molise. «Per la Pavoncelli bis – continua Amati – quando le sentenze arriveranno tutti i cittadini saranno obbligati a rispettarle. E’ stata prodotta una valutazione di impatto ambientale favorevole ed io ritengo – ed è il motivo per cui è stata sollevata l’emergenza – sia a rischio serio di crollo avendo constatato personalmente l’arco rovescio sollevato in più punti e i fornelli in calotta». «Ammettiamo ci sia un problema di deflusso minimo vitale – conclude l’assessore – il problema è anche il mio e l’argomento mi riguarda, ma voglio ricordare che la priorità è la sete degli uomini. Due anni fa fui io a proporre una norma per l’Accordo unico, anche se alla Puglia sarebbe convenuto ritardare essendo l’unica Regione che prende senza dare. Abbiamo tutti sottoscritto l’impegno a realizzare l’Accordo quanto prima e siamo in attesa della bozza, aspettiamo solo i tecnici del Distretto per firmare. In quel momento, quando apparterremo tutti alla stessa regione idrografica, le questioni sul tavolo saranno risolte».
Virginiano Spiniello, Il Mattino di Avellino 10/12/2012
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Ristoro ambientale e deflusso minimo vitale. Sono le criticità principali della grande opera idraulica irpina per eccellenza. «La Pavoncelli bis – afferma Sabino Aquino, idrogeologo, principale oppositore della galleria fin da quando ricoprì l’incarico di Presidente del Parco dei Monti Picentini – è una forzatura, uno spreco di 150 milioni di euro di denaro pubblico. La galleria è perfettamente riparabile e svolge le sue funzioni da oltre cento anni. Per aggirare la sentenze che ne vietavano la costruzione è stato dichiarato lo stato di emergenza dal Governo Berlusconi. Ma è mai possibile che la Protezione Civile autorizzi in deroga un progetto senza rispettare le nuove normative sismiche dettate dal Decreto Ministeriale del 14/01/2008 ed emanate dopo gli eventi dell’Aquila? Il fatto che la progettazione non segua le rigidissime regole previste per le aree sismiche dimostra ancora una volta le forzature messe in atto per realizzare l’opera. C’è poi uno studio, il Progetto MO.RI.CA, commissionato dal Parco dei Monti Picentini all’Autorità di Bacino del Sele e pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania che prevede il rilascio nel Sele di 400 l/s come deflusso minimo vitale. E all’articolo 164 del Codice ambientale si evince che l’area protetta con l’Autorità di bacino può rivisitare le concessioni in atto qualora si ravvisino criticità per il fiume. Concessione che, a dire il vero, per il Sele non è mai stata rilasciata. Oltre che garantire il deflusso minimo vitale dei fiumi irpini è indispensabile, nel futuro Accordo di programma unico, portare da 600 a 1000 l/s l’attuale aliquota per l’approvvigionamento idrico e, contemporaneamente, impegnarsi per il rifacimento delle reti idriche oramai obsolete e fatiscenti, gestire correttamente gli impianti di depurazione e limitare l’emungimento a cui sono sottoposte le nostre riserve idriche». Intanto, i cantieri della Pavoncelli bis sono stati recentemente consegnati, ma i lavori non sono ancora iniziati. «Ci vorranno cinque anni – afferma Angelo Ceres, Assessore all’Ambiente di Caposele – per completare l’opera. Contemporaneamente dovranno iniziare i lavori della centrale idroelettrica che rientra – insieme ad altre concessioni – nel ristoro per il rinnovo della cessione dei diritti d’uso dei 363 l/s riservati agli usi pubblici e privati del Comune di Caposele. Come ente abbiamo dato un parere favorevole dal punto di vista urbanistico, ma nel merito siamo inermi: il Comune non decide, non abbiamo competenze in merito, né possiamo fornire autorizzazioni vincolanti in quanto la gestione è commissariata. Per il deflusso minimo vitale è la Regione Campania il grande assente che deve disciplinare e regolamentare il quantitativo d’acqua preciso da fornire alla Puglia e da rilasciare al fiume Sele. Un minimo di acqua viene rilasciato, ma secondo me, soprattutto d’estate, è insufficiente alla vita del fiume». «È importante – afferma Luca Branca, assessore all’ambiente di Bagnoli, nonché agrononomo – una programmazione di tutta l’area montana del massiccio orientale dei Picentini. È necessario realizzare interventi di bonifica montana che riguardino, oltre la forestazione e il rimboschimento, la sistemazione dei valloni, il controllo delle acque attraverso le canalizzazioni, la creazione di aree di infiltrazione forestale. Bisogna creare zone di accumulo, i cosiddetti laghetti a perdere, che hanno anche la funzione di mantenere la biodiversità, recuperare l’acqua, farla infiltrare più facilmente. Sono soluzioni semplici ed economiche per garantire l’approvvigionamento delle sorgenti che soffrono anche dei mutamenti climatici e della concentrazione delle precipitazioni».
Virginiano Spiniello, Il Mattino di Avellino 10/12/2012+
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Le recenti vicende giudiziarie della Pavoncelli bis, il Comitato Tutela Fiume Calore, la questione della depurazione
L’attenzione sulla questione dell’acqua è crescente ed è testimoniata anche dai ricorsi, esposti ed inchieste in corso. Riguardo alla Pavoncelli bis, oltre alla nuova sentenza attesa dal Tribunale delle Acque per il 19 dicembre prossimo, c’è l’esposto presentato da Italia Nostra. «Quella della galleria – afferma Luigi de Lisio, avvocato che ha curato l’esposto – è una storia lunga. Sembrava che dopo la sentenza della Corte di Cassazione che confermò quella del Tribunale Superiore delle Acque fosse un argomento chiuso. Ma dopo la dichiarazione dello Stato di emergenza ai sensi del Decreto 225/92 nel 2009 è stata nuovamente nominata la gestione commissariale. Contro tali atti è stato proposto ricorso sempre al Tribunale Superiore delle acque dall’ATO Calore, dalla Provincia di Avellino in due momenti distinti e dal Parco dei Monti Picentini e tutti i ricorsi sono stati riuniti in un unico procedimento. Italia Nostra ha presentato un esposto per richiamare l’attenzione dell’autorità inquirente sulla eventuale esistenza di aspetti penalmente rilevanti presenti nei ricorsi. L’esposto è stato presentato alla Procura di Bari dove ha sede il Commissariato, alle Procure di Perugia e Roma che stanno indagando sulle attività della Protezione civile e a Sant’Angelo dei Lombardi per la competenza territoriale. Attualmente c’è una indagine in corso iniziata pochi mesi fa». C’è fermento in attesa del 19 dicembre e, oltre alla lettera aperta inviata a Vendola dell’Associazione Taurasia di Antonio Panzone, si è tenuta il 23 novembre, un’incontro aperto del Comitato Tutela fiume Calore, presieduto da Olga Addimanda, che ha promosso per oggi, sempre a Taurasi, una nuova assemblea aperta a tutte le associazioni, enti e cittadini interessati ad organizzare una manifestazione contro la Pavoncelli bis. Il Comitato nasce un anno fa con l’obiettivo di denunciare criticità e problematiche legate all’acqua e al fiume. Tra le questioni sollevate: l’approvvigionamento idrico, il ritardo nell’istituzione del Distretto idrografico dell’Appennino meridionale, la moria di pesci, l’inquinamento, il problema scottante degli scarichi dei depuratori. Su quest’argomento si è espresso Maurizio Galasso, chimico, esperto in problemi in ambientali, coautore del “Manuale sul trattamento delle acque reflue” insieme a Giovanni De Feo e Sabino Di Gisi. «Ho potuto verificare impianto per impianto – dichiara Galasso – quali sono le problematiche dei depuratori e in Irpinia gli impianti progettati male sono numerosi. C’è stata un’assenza di pianificazione e le commissioni giudicatrici dei bandi di gara, non particolarmente esperte, non hanno potuto valutare bene il rapporto costo benefici. Gli impianti sono molto piccoli, c’è scarsità di fonti finanziarie e mancano strutture operative sovra comunali. La carenza maggiore è l’assenza di gestione. Devono essere ottimizzati sia i processi sia le strumentazioni per rendere gli impianti più funzionali, anche in presenza di un ridotto uso di manodopera che è uno dei costi maggiori. La depurazione consiste nella separazione dalle acque da tutti i prodotti che le inquinano, i solidi sono trattenuti con processi meccanici e i composti disciolti vengono mangiati dai batteri che formano il fango. Più inquinanti entrano, più i batteri mangiano, più fango si produce. Ma molti impianti non producono fanghi o ne producono pochi, cosa che non sarebbe possibile se l’impianto funzionasse correttamente. In questo modo, però, una gestione approssimativa riduce i costi di esercizio. C’è da notare infine, il labile controllo delle autorità sugli impianti pubblici a differenza di quelli privati».
Virginiano Spiniello, Il Mattino di Avellino 1/12/2012