Dopo i sequestri della finanza La Procura: «Potrebbe contenere bromato, sostanza cancerogena». Analisi all’Iss di Roma.
Il punto centrale è la eventuale presenza di bromato, una sostanza chimica che in determinate concentrazioni potrebbe essere cancerogena. La Procura di Bari, che indaga sul cloro utilizzato da Acquedotto Pugliese per la potabilizzazione delle acque immesse in rete, ritiene che potrebbe esserci un duplice problema: la presenza del bromato nel cloro, e il rischio che possa essercene anche nell’acqua potabile.
A chiarire il giallo dovrà essere l’Istituto superiore di sanità, dove mercoledì sono cominciate le analisi sui campioni di cloro e di acqua trattata che la Finanza ha acquisito lunedì nei 5 potabilizzatori di Aqp. È proprio per effettuare gli accertamenti tecnici irripetibili che il pm Claudio Pinto ha messo a disposizione dei 13 indagati e della stessa Aqp (che è parte offesa) la consulenza tecnica affidata a due scenziati di alto livello, Giovanni Tiravanti (Cnr-Irsa) e Luca Lucentini (Iss).
Secondo i consulenti della Procura i bandi emanati dal 2012 al 2015 per l’acquisto di 8.150 tonnellate di ipoclorito di sodio «non risultano pienamente coerenti con le norme tecniche di settore» perché fanno riferimento alla scheda tecnica Unichim M166 e non alla Uni-901: la differenza, spiegano, è che la prima non prescrive nulla a proposito dei bromati. Aqp, dicono perciò i periti, avrebbe dovuto analizzare l’ipoclorito per escludere la presenza di bromato e non lo ha fatto. Nei capitolati del nuovo appalto di settembre 2015, emanato dopo che l’indagine sul cloro è già cominciata, viene invece fissata esplicitamente anche la concentrazione massima di bromato di sodio.
Ad aver allarmato la Procura sono le risultanze dell’indagine merceologica svolta dalla Finanza sul cloro venduto ad Aqp. La ditta aggiudicataria degli appalti (il cui amministratore unico è indagato, insieme a un dipendente) non è infatti un produttore ma un diluitore: compra cioè il prodotto chimico e lo porta alla concentrazione del 12% richiesta da Aqp. «Le ditte fornitrici – è detto nella perizia – hanno dichiarato espressamente che “i prodotti forniti non sono idonei alla potabilizzazione delle acque destinate al consumo umano”». Questo è il motivo per cui oltre che la truffa e la frode in pubbliche forniture, gli investigatori ipotizzano reati contro la salute pubblica che sono punibili anche per colpa: vuol dire che qualcuno potrebbe essere ritenuto responsabile di un reato anche solo per non aver controllato la qualità del cloro.
Né la Procura né i suoi consulenti hanno però un approccio allarmistico. «Dalla documentazione agli atti – scrivono ancora i periti – non possono escludersi pericoli potenziali per l’incolumità e la salute pubblica in seguito a consumo prolungato di acque trattate con il prodotto in oggetto». Quel «non possono escludersi» non significa, appunto, che ci siano o ci siano stati effetti dannosi, anche perché Acquedotto (si veda articolo a destra) garantisce che le analisi svolte giornalmente dimostrano la qualità dell’acqua (compresa l’assenza di bromato).
A dipanare la matassa saranno dunque le analisi dell’Iss. Le operazioni sono cominciate mercoledì, e saranno necessari parecchi giorni per avere i risultati. Aqp ha nominato un proprio consulente, il tossicologo Roberto Gagliano Candela: «Siamo di fronte – dice Gagliano Candela – a un problema prettamente commerciale. Bisogna capire se il prodotto fornito è puro o ultrapuro». L’indagine, del resto, era iniziata proprio da una denuncia su possibili irregolarità nelle gare d’appalto, vinte sempre dallo stesso fornitore. Gli accertamenti successivi affidati al Nucleo di polizia tributaria hanno poi fatto emergere uno scenario ben più preoccupante.
Massimiliano Scagliarini 19 Febbraio 2016
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