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Renzi usa la nonna contro le pensioni di reversibilità

La nuova idea del rottamatore per risparmiare sulla previdenza la Cgil insorge: “E’ una vergogna, è ossessionato. Sono assegni da fame”.

Si profilano tempi duri per le nonne d’Italia. Se passa l’idea di Matteo Renzi di rivedere la pensione di reversibilità, quella percepita in caso di decesso del coniuge, milioni di pensionati, in prevalenza donne, potrebbero passare dei guai. Non a caso, su questo punto, il sindaco deve registrare la prima obiezione sindacale da quando è di nuovo sceso in pista. “Sembra ossessionato dalle pensioni” manda a dire Carla Cantone, segretario dello Spi-Cgil, organizzazione di oltre 2,5 milioni di iscritti.

RENZI HA SPIEGATO le proprie idee l’altra sera a Servizio Pubblico. Fedele al ruolo di affabulatore ha voluto porre il tema parlando di sua nonna, Maria Bovoli, tenace vecchina di 93 anni. “Chi l’ammazza! – ha detto il sindaco di Firenze – mia nonna ha avuto la pensione di reversibilità quando aveva sei figli. È stato giusto ma continua a percepirla ancora, 3.000 euro al mese, nonostante i figli siano piuttosto grandi”. Renzi non ha detto altro, ma l’intenzione di voler intervenire sulle pensioni di reversibilità è chiara. Ce la conferma il “suo” deputato più ferrato in questioni economiche, Yoram Gutgeld: “La reversibilità in Italia è molto alta, circa il 30-40% in più del resto d’Europa. Non abbiamo presentato proposte ma ci stiamo lavorando. Ci sono margini per ridurre qualcosa, certo non le pensioni basse”. Il problema è che proprio di pensioni basse stiamo parlando. Nel bilancio dell’Inps, la spesa per pensioni ai superstiti – questo è il termine tecnico della reversibilità – è di 28 miliardi per 3,8 milioni di pensioni erogate. Importo medio: 565 euro. Come sempre, si tratta della “media del pollo”, ci sono assegni più alti e altri più bassi. Ma con quella media è difficile andare a pescare privilegi corposi, non stiamo parlando di pensioni d’oro. “Renzi fa i conti con tasche che non sono le sue, fa vergogna” spiega al Fatto Antonio Pellegrino, tecnico previdenziale dello Spi Cgil, perché parliamo di redditi in genere bassi e comunque già regolati”. Alla morte di un titolare di pensione, questa è dovuta al coniuge, ai suoi figli ma anche ai genitori o ai fratelli. In proporzioni ridotte e con alcuni limiti di reddito oltre i quali scattano le riduzioni (vedi scheda). “Si tratta di una delle condizioni di vita più difficili edolorose” aggiunge Pellegrino. Un settore in cui i 3.000 euro della “nonna renziana” costituiscono una chimera.

L’idea, però, potrebbe trovare cittadinanza all’interno dell’Inps dove si fa notare che la spesa reale, in realtà, è più alta, 39 miliardi. Alle pensioni erogate a chi non ha altri redditi vanno aggiunte quelle di chi possiede altre entrate. In tal caso la media è più alta, 856 euro al mese: ancora anni luce dalla nonna di Renzi.
CARLA CANTONE , segretario dello Spi-Cgil, replica con nettezza, più di quanto fatto finora dalla Cgil nei confronti del futuro segretario Pd: “Matteo Renzi – dice al Fatto , il segretario Spi-Cgil – è proprio ossessionato dai pensionati e ancora di più da quelli che liberamente e democraticamente hanno deciso di iscriversi al sindacato. I pensionati non sono mica tutti come sua nonna che prende 3.000 euro al mese”. Cantone dice di comprendere le necessità della “campagna elettorale” ma, aggiunge, “Renzi sbaglia bersaglio e non fa il bene del paese continuando ad aizzare le folle contro chi è andato in pensione dopo una vita di lavoro”. Nello stesso tempo, il Pd ha deciso di presentare diversi emendamenti alla legge di Stabilità tra cui quelli sulle pensioni: recupero della deindicizzazione del quarto, quinto e sesto scaglione pensionistico (da 2.000 a 3.000 euro), e allargamento della platea degli “esodati” da salvaguardare. A pagare dovrebbero essere le “pensioni d’oro” con la riduzione da 150 a 90mila euro della soglia oltre la quale versare il contributo di solidarietà del 5% e oltre. Infine, c’è la proposta di permettere ai lavoratori licenziati oltre i 62 anni di andare in pensione con le vecchie regole.

di Salvatore Cannavò
Il Fatto Quotidiano 09.11.2013

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