Ma anche: le ferie dei magistrati sono di 30 giorni, ma anche di 45. Un pasticcio. Una delle pochissime “riforme” andate in porto del governo di Matteo Renzi è quella sulle ferie dei magistrati. È stata però scritta così male da essere inutilizzabile. Introduce una nuova norma che riduce i giorni di vacanza delle toghe da 45 a 30; ma non cancella la norma precedente, che assegnava ai magistrati quindici giorni in più. Così adesso le ferie sono di 30, ma anche di 45 giorni. Se n’è accorto anche il Consiglio superiore della magistratura, che lo spiega in un documento approvato dalla settima commissione del Csm.
Nel decreto del governo c’è l’articolo 8 bis che dice: “I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché gli avvocati e i procuratori dello Stato, hanno un periodo annuale di 30 giorni di ferie”. Nessuno però si è curato di togliere il pre-esistente articolo 8, che recita: “I magistrati che esercitano funzioni giudiziarie hanno un periodo annuale di ferie di 45 giorni”. Dunque tutti i “magistrati che esercitano funzioni giudiziarie” potranno legittimamente, in forza dell’articolo 8, pretendere di fare 45 giorni di ferie. Ad averne solo 30 resteranno quelli che non “esercitano funzioni giudiziarie”, cioè quelli che sono per esempio distaccati nei ministeri: per loro varrà l’articolo 8 bis.
CROLLA COSÌ MISERAMENTE l’unica “riforma” realizzata da Renzi in materia di giustizia. Non c’è stato neppure bisogno di scomodare il cavallo Gondrano, quello che si ammazza di lavoro nella Fattoria degli animali di George Orwell, come ha fatto, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, il procuratore generale di Torino Marcello Maddalena. Il taglio delle ferie crolla da sé. Implode. Resta il disagio di gran parte della magistratura italiana e di una parte dell’opinione pubblica che non capisce perché, in materia di giustizia, il governo Renzi sia partito dalle ferie delle toghe. “Come se la colpa principale del dissesto dell’amministrazione della giustizia dipendesse dalla scarsa operosità dei magistrati”, chiosa Maddalena, “quando invece è da anni pacifico che la produttività della giustizia italiana è fra le più alte d’Europa”. Non sarebbe più urgente, si chiedono i magistrati, affrontare temi come la corruzione e l’illegalità?
Ma sulla corruzione si è avviata una riforma a metà, ritoccando solo l’articolo 319 del codice penale e non intervenendo su reati come la concussione, l’induzione indebita, la corruzione semplice, la corruzione in atti giudiziari: lo ha ricordato l’Avvocato generale dello Stato di Milano, Laura Bertolè Viale. Perdendo per strada, dopo averle annunciate, due innovazioni che sarebbero state preziose: la riduzione di pena per chi collabora alla scoperta del reato; e la riparazione pecuniaria a favore della pubblica amministrazione pari alla somma illecitamente corrisposta. Sul falso in bilancio si è fatto di peggio, presentando in Parlamento un testo più insoddisfacente di tante proposte elaborate nelle commissioni di studio. Come pure sulla prescrizione. E in materia fiscale, dove si è introdotta la clausola di non punibilità sotto la soglia del 3 per cento per chi compie il reato di frode fiscale: una “modica quantità” che, al contrario che in materia di droga, favorisce i grandi contribuenti, restando inflessibile con i piccoli. Il reato di autoriciclaggio, infine, è stato quasi vanificato da un comma che rende non punibile il “godimento personale”.
TUTTO CIÒ, COMUNQUE, è stato avviato sui treni lenti dei lavori parlamentari. Il taglio delle ferie no: realizzato subito dal governo per decreto. Come non interpretarlo come un segnale non proprio pacifico mandato ai magistrati? Ora si sgonfia come un sufflè fatto male. Con un ulteriore paradosso: “Finora i magistrati usavano spesso le ferie per scrivere le sentenze o studiare le carte”, spiega Piercamillo Davigo. “La riforma impone ferie piene. Così, invece di ridurle, hanno finito per aumentarle”.
di Gianni Barbacetto
Il Fatto Quotidiano 29.01.2015