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Videolotterie, il tesoro fiscale sottratto a L’Aquila

Terremoto_l'aquilaPOST- TERREMOTO Nel 2009 un decreto introduce il gioco d’azzardo estremo chedoveva finanziare la ricostruzione. Ma dei soldi si sono perse le tracce.

Non erano soli i corvi che gracchiavano al telefono la notte del terremoto de L’Aquila pensando ai guadagni che avrebbero potuto arraffare con la ricostruzione. Anche altri furono svelti a mettere in relazione macerie, morti e quattrini. I padroni del gioco d’azzardo, la cupola dei 10 concessionari delle videolotterie, con Lottomatica in testa, seguita da Sisal, Snai, Bplus, G.Matica, Cogetech, Gamenet, Hbg, Cirsa, Codere. Senza infrangere le leggi, anzi, beneficiati da una norma fatta apposta per loro, con il sisma agguantarono l’affare del secolo. Tra il tripudio del pubblico, di tv e giornali che li presentarono come i salvatori della patria, piegando dubbi e resistenze di ogni tipo, i 10 coronarono un sogno inseguito da anni: installare in fretta e su larga scala le videolotterie, apparecchi che hanno cambiato i connotati al lucroso sistema italiano dei giochi. Il colpaccio fu assecondato dal governo di allora guidato da Silvio Berlusconi che individuò due obiettivi: ingraziarsi i danarosi padroni dell’azzardo e mettersi a portata di mano la sagoma di un bancomat fiscale. Approvarono un decreto battezzato “Abruzzo” in cui il terremoto era poco più di un pretesto, scritto da una mano sapiente in modo tale che gli incassi fiscali moltiplicati dall’introduzione delle videolotterie sarebbero finiti soprattutto nelle casse dello Stato, mentre a L’Aquila e dintorni di quei quattrini i terremotati avrebbero visto le briciole.
CHE A L’AQUILA i soldi non siano arrivati nelle quantità attese continuano a ripeterlo sia il sindaco, Massimo Cialente, sia l’ex presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, nel frattempo eletta senatrice Pd. È una storia mai raccontata e che il Fatto Quotidiano ha ricostruito passo dopo passo.    Esibendo buon cuore, Lottomatica e soci d’accordo con il governo riuscirono immediatamente a far perdere le impronte. Le videolotterie, Vlt per gli addetti ai lavori, però sono rimaste, con tutto il loro devastante lascito. Molti fanno confusione quando si parla di Vlt, pensando siano solo una semplice evoluzione tecnologica delle slot machine, le macchinette mangiasoldi dei bar e dei centri commerciali. Tra le une e le altre ci passa invece quanto tra il giorno e la notte. Con le slot tradizionali si puntano monete e si possono vincere al massimo 100 euro, con le videolotterie si usano le banconote e si possono incassare fino a 5 mila euro e addirittura mezzo milione se il jackpot è concertato a livello nazionale. I rischi per i giocatori sono direttamente proporzionali alle opportunità di vincita. Le vecchie slot le trovi ovunque, le videolotterie sono come apparecchi da casinò, collocate con il permesso della Questura in locali appositi. Nonostante queste limitazioni, in meno di 3 anni ne sono state piazzate quasi 50 mila e nel 2012 hanno raccolto 20 miliardi di euro, un quarto circa di tutto lo sproposito che viene giocato in Italia. Metà Vlt sono distribuite da Novomatic, società austriaca, un’altra piccola quota dall’inglese Inspired e il resto da un’azienda canadese solo sulla carta, la Spielo del gruppo Gtech, colosso statunitense comprato 7 anni fa dall’italiana Lottomatica, la quale quindi gioca due parti in commedia: con una mano affitta le macchine ad altri concessionari, con l’altra gestisce il gioco in prima persona. Per ogni videolotteria autorizzata lo Stato riscosse allora dai concessionari, subito e in contanti, la bellezza di 14 mila euro che moltiplicati per il numero di apparecchi dà la non insignificante cifra di 850 milioni.    IL DECRETO Abruzzo fece il resto puntando a gonfiare le casse pubbliche con l’azzardo e il pretesto del terremoto. Del gioco di prestigio nessuno si è praticamente accorto. Si trova al comma d, tra la riga 21 e la riga 28 dell’articolo 18 del decreto. Lì c’è scritto che non tutte le entrate derivanti dall’introduzione delle videolotterie e degli altri nuovi giochi sarebbero andate ai terremotati e alla ricostruzione, ma solo “quota parte delle maggiori entrate recate dal decreto”. I primi due anni, 2010 e 2011, i Monopoli di Stato si sono, se non altro, preoccupati di calcolare i nuovi incassi perché almeno 500 milioni all’anno andassero all’Abruzzo. Poi, come informa una nota inviata dal ministero dell’Economia al Fatto Quotidiano, è stato perfino abbandonato il monitoraggio delle maggiori entrate. Era inutile. Chi ha fatto i conti stima però che con videolotterie e nuovi giochi del decreto Abruzzo siano stati incassati dal fisco almeno 3 miliardi di euro.
Di recente l’ex ministro Fabrizio Barca ha informato che per non trascurare la ricostruzione ci vorrebbe almeno un altro miliardo. Le video-lotterie intanto continuano a macinare incassi, ma ai terremotati chi ci pensa più?
di Daniele Martini
Il Fatto Quotidiano 08.05.2013