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Trento e l’Irpinia, bene comune e indifferenza

IrpiniaDa Irpino che vive a Trento mi sono trovato in un paradosso di fronte alle recenti statistiche su qualità della vita nelle province italiane. Come ha sostenuto Borges, un paradosso non indica solo una curiosità o una situazione strana, ma segnala soprattutto una verità irriducibile. Il mio paradosso riguarda da un lato la condizione di soddisfazione per il fatto di vivere nella provincia dove oggi si vive meglio in Italia; dall’altro nel sentire un’incontenibile nostalgia per il mondo in cui sono nato, l’Irpinia, e per quello che questo mondo avrebbe potuto essere, potrebbe essere, non è stato e non riesce ad essere.
Le recenti statistiche, infatti, collocando Avellino all’ultimo posto in Italia, meritano un sofferto commento rispetto ad almeno quattro questioni. La prima mi porta a dire che questa situazione non viene dal nulla. Come recita il titolo di un noto libro di Gabriel Garcia Marquez, si tratta della cronaca di una morte annunciata. Molto è stato fatto in questi anni per ridurre l’Irpinia com’è ora. All’irresponsabilità ci si educa nel tempo. Non pochi traggono vantaggi dai servizi pubblici che non funzionano; dall’assistenzialismo clientelare; dalla distruzione ambientale. Un esempio per tutti: la speculazione e il disordine edilizio con relativa distruzione del paesaggio rispondono agli interessi di una certa componente della società irpina. Ciò porta dritto alla seconda questione. La zona grigia degli indifferenti che irresponsabilmente ci stanno a questo gioco, per piccoli, medi e, raramente grandi, interessi. Come si dice in Irpinia, molti fanno come la talpa, vendono gli occhi per un pezzetto di coda. Vivendo a Trento, è bene testimoniarlo, è facile constatare come buona parte delle evidenze riguardanti la salute, la qualità della vita, l’ambiente, dipendono da una fitta rete di attività volontarie. La responsabilità individuale e il senso civile di attenzione al bene comune sono il risultato di lunga durata della cura e dell’educazione della popolazione. La terza questione diviene così quella dell’attendismo da parte delle persone che consegnano uno strapotere a chi governa non assumendosi direttamente le proprie responsabilità. Per un’amministrazione pubblica che trascura l’ambiente esistono abitudini diffuse a maltrattare il patrimonio, abbandonando per esempio rifiuti e spazzatura di ogni genere in contesti ambientali particolarmente belli dal punto di vista naturale e paesaggistico. La quarta questione riguarda l’attendibilità delle stime che analisi come quella relative al benessere, all’ambiente, alla salute e alla qualità della vita in Italia propongo. Non bisogna mai dimenticare che quelle analisi si avvalgono in buona misura delle statistiche ufficiali. Queste ultime non sempre sono del tutto attendibili. Nel caso specifico una altro male particolarmente grave e influente nella realtà italiana e nel sud in particolare è quello dell’evasione fiscale. Il livello di benessere evidente, in particolare in certe componenti della popolazione, per la manifestazione esteriore di stili di vita, non sembra essere registrato da analisi come quella in questione. Né pare che le molteplici forme di assistenzialismo clientelare, che garantiscono non solo sopravvivenza ma spesso veri e propri vantaggi significativi, trovino spazio in analisi come quella che collocano Avellino all’ultimo posto in Italia. Nulla di confortante naturalmente. Solo doverose precisazioni. Il mio paradosso non solo si conferma ma si amplifica. L’Irpinia, la terra in cui sono nato, non riusciva a rispondere alle aspettative dei suoi figli migliori quando da qui sono stato costretto a partire; non riesce a farlo oggi, e forse lo fa meno di ieri. La terra trentina che mi ospita sostiene in modo significativamente efficace il rapporto tra capacità individuali e opportunità disponibili. Questo non è l’esito di un miracolo o di una concessione a parte di qualcuno, bensì il risultato di un esercizio continuo, certo con errori, della responsabilità individuale, collegato al buon governo della cosa pubblica, dove pure gli errori non mancano, con attenzione e cura nella risposta all’evoluzione della domanda sociale. E’ la prova che cambiare e fare abbastanza bene si può, come del resto mostrano i buoni esempi di amministrazioni efficace in Irpinia: si veda per tutti un comune come Frigento. Rimane l’amaro in bocca in questi giorni pieni di dolci, per non assistere a uno scatto di orgoglio capace di avviare una nuova stagione in una terra bella e struggente che può fare molto di più che consegnarsi alla decadenza e all’autocommiserazione con la benedizione dei soliti noti che, nella situazione critica, vedono proliferare il proprio potere e i propri interessi. Essere ultimi è causato da precise responsabilità di chi ha più potere, perché chi ha più potere deve rispondere di più.

di Ugo Morelli
Saggista docente di Psicologia del lavoro all’Università di Bergamo e Psicologia dell’innovazione e della creatività all’Iuav di Venezia. E’ presidente del comitato scientifico della Scuola per il governo del territorio e del paesaggio alla Trentino School of management. Irpino, da anni vive a Trento. 

Il Mattino di Avellino 02.01.2014

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