Non sono Babbo Natale”, ha detto Enrico Letta che malgrado l’aria da studente secchione possiede senso dell’umorismo e propensione a prendere per i fondelli gli italiani. Eppure le dieci grandi sorelle delle slot machine avevano brindato in anticipo al regalone del governo, la norma che penalizza regioni e comuni se contrari a limitare l’installazione delle micidiali macchine succhiasoldi. Purtroppo per il premier nipote e compagnia la porcata è stata scoperta in tempo ma l’annunciata retromarcia non cancella il profilo di un governo volpino che privo di una maggioranza forte dopo l’uscita dei berluscones tenta di guadagnare qualche straccio di consenso distribuendo favori a piccole e grandi lobby. É un Babbo Natale un po’ losco quello che toglie ai poveri per dare alla casta, in queste ore protagonista a Montecitorio dove gli onorevoli deputati si battono impavidi a protezione delle sostanziose indennità, con le eccezioni di M5S e della Lega che si è astenuta. É il solito gioco delle tre carte: si fa finta di cancellare il finanziamento pubblico dei partiti ma si sostituisce con un marchingegno che succhia gli stessi quattrini, a carico dei contribuenti neanche a dirlo. Mentre ai costi della politica si fa fronte restituendo a un potente immobiliarista i ricchi canoni dovuti per l’affitto di vasti uffici parlamentari, incautamente aboliti da un emendamento del solito grillino. Passano gli anni e nulla cambia. Anche se, dice la Confindustria, la crisi ha provocato “danni commisurabili solo a quelli di una guerra”, anche se i disoccupati sono raddoppiati e i poveri sono aumentati di tre milioni, lassù si fa finta di niente. Lorsignori si sentono invulnerabili, ancora di più dopo che la protesta dei forconi a Roma si è rivelata numericamente poca cosa. La verità è che una classe cosiddetta dirigente così priva di senso della misura e autocontrollo rischia di fare impazzire il Paese. Quando appaiono in televisione è l’esasperazione che leggiamo negli occhi e nelle grida degli operai senza più lavoro, dei commercianti senza più attività, degli studenti senza tutto. Dopo le feste quegli assembramenti torneranno, sempre più numerosi e arrabbiati. E allora ci sarà d’aver paura.
Il Fatto Quotidiano 22.12.2013