PER EVITARE LA BEFFA DI DOVER VERSARE LA PRIMA RATA DEL 2014, IL GOVERNO FA UN DECRETO. MA A REGIME, NEL 2017, IL RISPARMIO SARÀ DI SOLI 19 MILIONI.
A cosa serve il decreto? C’era il rischio, con i tempi biblici scelti dal Parlamento, di una piccola beffa. Il fondo per il finanziamento pubblico dei partiti (91 milioni di euro l’anno) viene infatti sforbiciato gradualmente e del 25 per cento già dall’anno prossimo. Solo che ritardando l’approvazione della legge oltre i primi mesi del 2014, almeno la prima delle due rate annuali sarebbe stata piena: in soldi significa che i partiti avrebbero incassato 46 milioni invece di 34, vale a dire 12 milioni in più (al lordo, però, del Movimento 5 Stelle, che rinuncia comunque alla sua quota). La decisione di Letta e Alfano annulla questa possibilità , perché i decreti entrano subito in vigore.
AGEVOLAZIONI FISCALI. Entrerà in vigore già dall’anno prossimo la possibilità di devolvere il 2 per mille della propria dichiarazione dei redditi a un partito – un contributo privato, che è però anche un mancato introito per l’erario – e di detrarre dall’Irpef il 37 per cento delle donazioni liberali tra 30 e 20 mila euro e il 26 per cento fino a 70 mila euro. Sempre dall’imposta sul reddito saranno scaricabili al 75 per cento (fino a 750 euro) le spese per la partecipazione a scuole o corsi di formazione politica. Le società, infine, avranno uno sconto fiscale del 26 per cento per i contributi versati ai partiti fino a 100 mila euro. Notevole che questo regime di facilitazioni sia assai più vantaggioso di quello riservato alle Onlus. IL TETTO. Come deciso alla Camera, la soglia massima delle donazioni è confermata a 300 mila euro annui per i privati e a 200 mila per le imprese. Nessun contributo potrà essere comunque superiore al 5 per cento del conto economico complessivo del partito (questo penalizza un po’ Forza Italia, abituata al generosissimo Cavaliere).STATUTO E BILANCI. Per accedere alle agevolazioni, però, i partiti (e pure le fondazioni, finalmente) dovranno iscriversi a un registro nazionale, dotarsi di uno statuto democratico e sottoporsi ai controlli di una Commissione di garanzia. I loro bilanci, poi, dovranno essere certificati da una società esterna. Altra condizione per accedere alle detrazioni fiscali è, infine, avere almeno un eletto in Parlamento o in un consiglio regionale oppure avere presentato candidati in almeno tre circoscrizioni. Il 2 per mille, invece, è appannaggio solo di chi abbia almeno un parlamentare eletto sotto il proprio simbolo, vale a dire solo i partiti più grandi.SORPRESA: il costo finale. I fondi stanziati testimoniano che, a regime (dal 2017), il sistema costerà 72 milioni l’anno, cioè 19 in meno rispetto all’attuale, ma avendo per di più messo i partiti nella condizione di dipendere da privati e, soprattutto, imprese. Il 2 per mille, infatti, dal 2017 costerà al massimo 45,1 milioni l’anno, le detrazioni 15,65 milioni e la Cigs e i fondi per i contratti di solidarietà “11,25 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2016”.
TRANSIZIONE. Come detto, i 91 milioni l’anno di finanziamento diretto vengono azzerati gradualmente: meno 25 per cento l’anno prossimo, meno 50 nel 2015 e meno 75 alla fine del triennio, fino al 100 per cento dal 2017 in poi. In soldi significa un incasso di 136,5 milioni nel triennio, cui vanno aggiunti 98 milioni circa per compensare detrazioni e 2 per mille (che partono subito) e quasi 35 milioni per ammortizzatori sociali ad hoc. Insomma nel periodo 2014-2016 i partiti “costeranno” all’erario 269 milioni di euro anziché 273.
Il Fatto Quotidiano 14.12.2013