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No Triv, non trasformiamo l’Irpinia nella “terra dei fuochi fatui”

no_Triv«Mentre la Campania brucia di rabbia, tra roghi tossici e coscienze accese da un rigenerato impegno civile, per l’Irpinia si profila l’oscuro destino della petrolizzazione, in un silenzio fragoroso di indifferenza e disimpegno» – Così attraverso una nota scritta, il direttivo del Comitato “No Triv” che porta avanti a sua battaglia contro le estrazioni petrolifere in Alta Irpinia.
«I progetti di ricerca di idrocarburi – continuano gli esponenti del Comitato – attendono il completamento degli iter autorizzativi e l’incertezza sugli esiti apre ampie discussioni sui possibili scenari che potrebbero profilarsi. Il dibattito in corso da mesi, purtroppo, sembra scadere solo in superficiali valutazioni di merito senza offrire spazio ad una puntuale considerazione sui possibili effetti negativi sulla salute e sull’equilibrio ambientale che il petrolio potrebbe andare ad alterare. Le valutazioni degli esperti non lasciano dubbi sull’incidenza dannosa del petrolio sui territori interessati dalle estrazioni, con riferimenti allarmanti sull’aumento delle malattie e sull’aumento dell’inquinamento.
Il professor Sabino Aquino, contattato dal Comitato No Trivellazioni Petrolifere in Irpinia per offrire delle osservazioni al progetto per il pozzo esplorativo Gesualdo-1, sottolinea nelle sue conclusioni l’assoluta incompatibilità dell’Irpinia con pratiche di ricerca o sfruttamento degli idrocarburi. La struttura geologica irpina presenta un’ originale composizione di elementi che ne rendono una consistenza assai fragile e vulnerabile. Il reticolo idrografico sotterraneo, variegato ed esteso per centinaia di chilometri quadrati, viene descritto come una vera e propria spugna che assorbe e rilascia facilmente ogni sostanza con la quale viene a contatto. Il sottosuolo irpino, già interessato da fenomeni di subsistenza, alimenta attraverso le proprie acque sotterranee il complesso sistema delle sorgenti che a loro volta consentono, attraverso i vari acquedotti, l’approvvigionamento idrico di Napoli, della Puglia e della Basilicata. Dalla facile considerazione di queste osservazioni sorge spontanea la domanda su quale sia la reale necessità di esporre un territorio così vulnerabile al rischio di inquinamento, inevitabilmente collegato, alle ispezioni e trivellazioni petrolifere che necessitano dell’uso di ingenti sostanze chimiche per le operazioni di perforazione del sottosuolo.
A queste valutazioni seguono altre, più stringenti, sugli effetti sulla salute umana delle operazioni di estrazione e stoccaggio degli idrocarburi. Il Comitato ha chiesto il parere della dottoressa Carmen Belli del San Raffaele di Milano, oncologa e ricercatrice. In occasione di un convegno, tenutosi a Taurasi qualche mese fa, la dottoressa offrì una valida e strutturata relazione, fornendo i dati delle proprie ricerche ed ampie considerazioni di merito. Nelle conclusioni dello studio (l’intero lavoro di ricerca è consultabile su irpinianotriv.blogspot.it) emergono allarmanti correlazioni tra l’esposizione agli agenti inquinanti immessi in atmosfera e l’incidenza di forme tumorali sull’aspettativa di vita degli abitanti delle zone interessare dalle estrazioni. La dottoressa ebbe a precisare che esiste un’associazione causale tra l’esposizione al petrolio e l’insorgenza di neoplasie ai polmoni, alla vescica, stomaco, leucemie e linfomi legata alla presenza di sostanze contenute nel greggio come gli idrocarburi policiclici aromatici, ma anche sostanze che derivano dai processi come la desolforazione quale l’acido solfidrico e prodotti di combustione come il nitrossido ed il particolato, che hanno essi stessi un’azione cancerogena per l’uomo. A corredo del suo intervento, introdusse poi i dati sullo studio svolto in Basilicata, nelle aree interessate dal petrolio, fornendo conclusioni allarmanti sull’aumento, fuori norma, di patologie tumorali. I riscontri di queste valutazioni di carattere tecnico-scientifico alimentano ancora una volta dubbi ed incertezze su quelli che potranno essere gli scenari di un’Irpinia “Petrolizzata”. Nella crisi economica e di identità che la nostra terra sta subendo, pensare ad un futuro di sviluppo e di crescita portato dalle royalities del petrolio, nonostante le innegabili conseguenze sull’ambiente e sulla salute umana, suona come un affronto intollerabile alla nostra dignità di uomini e, peggio ancora, una resa umiliante risarcita peraltro con pochi spiccioli di carità. Non vorremmo che l’Irpinia diventasse la Terra dei Fuochi “fatui”, depredata e colonizzata a vantaggio di speculatori e portatori di facili illusioni. L’impegno dei rappresentanti politici contro il possibile avvio delle ricerche di petrolio è encomiabile, ma c’è bisogno di agire con più forza e determinazione per prospettare a questa terra una rinascita economica basata sulla reale rivalutazione delle prerogative ambientali, che rimangono la forza e la linfa vitale dell’Irpinia».

Redazione
Il Ciriaco.it 

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