Ecologia Evidenza

L’acqua di Caposele è irpina…

Sele_tredoggeIn idrologia, la sorgente è il punto in cui  viene alla luce, “in modo del tutto naturale, una portata apprezzabile di acqua sotterranea”. Pertanto, “secondo il modello di funzionamento di un acquifero, che avviene secondo le principali fasi di alimentazione, deflusso e discarica, la sorgente rappresenterebbe una via attraverso cui avviene la fase di discarica della falda acquifera”. Ne consegue che il luogo della sorgente è solo il punto terminale, di arrivo, dell’acqua sotterranea al termine del suo percorso. Per questa via, appare evidente che se la sorgente è ubicata in un punto preciso, le acque che transitano attraverso di essa scaturiscono da un processo naturale che compie il suo ciclo altrove. Nel caso specifico delle Sorgenti ‘Sanità’ di Caposele, destinate dalla riforma degli ambiti idrici ad essere separate dalla giurisdizione provinciale, provengono dal Monte Cervialto, bacino idrogeologico ove le acque si raccolgono, prima di defluire verso Caposele dal Monte Paflagone e dare origine al fiume Sele dalla sorgente Tredogge, proseguendo poi verso Calabritto. Il Cervialto, la cima più alta dei monti Picentini (la quinta vetta della Campania dopo Miletto, Gallinola, Cervati e Mutria) rappresenta il montipicentinitetto della provincia di Avellino. Le acque scaturenti dalla sorgenti di Caposele, per queste ragioni, giurisdizionalmente appartengono alla provincia di Avellino, come tutte le altre risorse ‘prodotte’ dai Picentini e dai mille acquiferi e pozzi che caratterizzano il sottosuolo dell’Irpinia. Come hanno ricordato i vertici politici e tecnici pugliesi in più occasioni, lo sviluppo economico e sociale della Puglia e dell’Acquedotto nato per Caposele, si deve alla generosità degli irpini, che oggi pretendono, con equanimità, giustizia da Napoli. Alla riforma proposta dalla giunta Caldoro non si contestano le prerogative dell’interesse regionale sulle sorgenti, peraltro riconosciuto dalle leggi, ma la misura in cui quelle prerogative pretendono di cancellare ogni spazio agli enti locali e al territorio che, al contrario, deve poter trarre da quella ricchezza il giusto profitto sociale ed economico, a beneficio della comunità locale e delle future generazioni. Da decenni sono gli enti locali dell’Irpinia a difendere in perfetta solitudine i diritti dei fiumi e delle sorgenti, in particolare contro i governi nazionali e regionali. Lanciando, inascoltati, allarmi ecologici sul depauperamento delle riserve, gli avvertimenti del territorio vengono ignorati principalmente da chi avrebbe interesse a prestare orecchio, gli utilizzatori metropolitani e pugliesi.

(ch.ma)
Ottopagine 01.10.2013

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