OBBLIGHI mai visti e tecnicamente “impossibili” per chiunque offra Wi-Fi al pubblico. E’ così che il governo vara un dietro front alla promessa
liberalizzazione del Wi-Fi, per via di un emendamento- al Decreto Fare- approvato dalla Commissione Trasporti, Poste e telecomunicazioni. Molte le critiche da esperti e addetti ai lavori, in queste ore, e adesso la sola speranza è che l’emendamento venga modificato prima dell’approvazione alla Camera. Altrimenti, addio Wi-Fi libero: la norma vuole obbligare il gestore- un negozio, un ristorante, un hotel- a tracciare il collegamento dell’utente con misure tecniche complicate e molto onerose. Il rischio è che l’Italia faccia una retromarcia sul Wi-Fi. Che chiudano molti degli attuali punti di accesso pubblici e a volte anche gratuiti. Un disastro, insomma, laddove Palazzo Chigi aveva presentato l’originaria norma Wi-Fi del Decreto del Fare come la “liberalizzazione del Wi-Fi”, finalmente sottratto agli obblighi che ne avevano rallentato la diffusione in Italia.Ma già quella norma conteneva
parecchi problemi e persino – nonostante la volontà del legislatore – poteva essere interpretata come un passo indietro rispetto alla situazione precedente, quanto a libertà d’uso del Wi-Fi. La pensa così il Garante della Privacy, in una nota molto critica contro il decreto, “Reintroduce obblighi di monitoraggio e registrazione dei dati”, gli stessi stabiliti dal decreto Pisanu e poi decaduti quando ci si è reso conto dei danni che stavano provocando alla diffusione del Wi-Fi pubblico in Italia.Il motivo è che il decreto stabilisce l’inedito obbligo, per l’esercente, “di tracciare alcune informazioni relative all’accesso alla rete (come il cosiddetto ‘indirizzo fisico’ del terminale, il cosiddetto MAC address)”. C’è inoltre un profilo di illegittimità perché questi dati “a differenza di quanto sostenuto nella norma, sono – ai sensi della Direttiva europea sulla riservatezza e del Codice privacy – dati personali, in quanto molto spesso riconducibili all’utente che si è collegato a Internet”, prosegue il Garante. Ecco perché “auspica lo stralcio della norma e l’approfondimento di questi aspetti nell’ambito di un provvedimento che non abbia carattere d’urgenza” .Allora che fa l’emendamento? Da una parte cerca di risolvere questi problemi legati alla privacy, scrivendo che “Il trattamento dei dati personali necessari per garantire la tracciabilità del collegamento di cui al comma 1 è effettuato senza consenso dell’interessato, previa informativa resa con le modalità semplificate di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e non comporta l’obbligo di notificazione del trattamento al Garante per la protezione dei dati personali”. Dall’altra esacerba gli obblighi di tracciabilità, eliminando quindi ogni traccia di liberalizzazione. L’emendamento comincia dicendo che “quando non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore del servizio, l’offerta di accesso ad internet al pubblico tramite tecnologia WIFI non richiede la identificazione personale degli utilizzatori”. Un passaggio che c’era anche nel testo originario e che ha poca rilevanza, dato che gli obblighi di identificazione sono decaduti con il Pisanu. La novità è dopo: “Resta fermo l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità del collegamento attraverso l’assegnazione temporanea di un indirizzo IP e il mantenimento di un registro informatico dell’associazione temporanea di tale indirizzo IP al MAC address del terminale utilizzato per l’accesso alla rete internet”.Una cosa complicatissima, “bisognerebbe installare e gestire un server apposito (“syslog”), messo in sicurezza, per associare l’indirizzo al MAC Address che identifica il dispositivo”, spiega Stefano Quintarelli (Scelta Civica), noto esperto di internet. Altro problema: quando gli utenti si connettono a una rete Wi-Fi, ricevono normalmente un Ip della rete interna “che però non fornisce alcuna informazione e non consente la tracciabilità del collegamento. Allora bisognerebbe obbligare il gestore a fornire un Ip pubblico, che però nel mondo sono praticamente esauriti”, continua. La speranza insomma è che proprio questa inapplicabilità tecnica della norma obblighi a rivederla.Quintarelli stesso aveva presentato un emendamento al decreto, analogamente ad altri parlamentari esperti di internet (tra cui Antonio Palmieri, del Pdl). Lo stesso dipartimento Comunicazioni di Sviluppo economico aveva scritto un emendamento che gli addetti ai lavori consideravano ragionevole. Ma alla fine di tutto questo non è passato niente, in Commissione. L’emendamento approvato è infatti frutto di una mediazione in Commissione e lo stesso dipartimento Comunicazioni è molto critico verso il risultato finale.
Adesso la palla è nelle mani dell’Aula. La polemica è forte, ma bisognerà vedere se ci saranno i tempi per intervenire nel testo sul Wi-Fi, che probabilmente finirà in un maxi emendamento prima della conversione del decreto del Fare in legge.