I CINQUE STELLE ANNUNCIANO “AZIONI CLAMOROSE” CONTRO IL PROVVEDIMENTO E ATTACCANO: “TRASFORMANO LE NOSTRE IDEE PER I COMODI LORO”.
La notizia del ddl sul finanziamento ai partiti rovina di primo pomeriggio il venerdì dei parlamentari grillini. Ci mettono un po’ a capire dove stanno i cavilli. Poi, appena è tutto chiaro si sfogano: “È una truffa”. Il post compare sul blog pochi minuti dopo: “Il finanziamento esce da una parte e entra dall’altra. I soldi dei cittadini continueranno ad arrivare e i partiti a mangiare. Il M5S – scrive Grillo – ha mantenuto fede alle promesse elettorali e ha rinunciato completamente ai 42 milioni di soldi pubblici che gli sarebbero spettati. I partiti non sono riusciti a fare altrettanto. Questa è una legge-truffa, una presa in giro per i cittadini che continueranno a pagare per far campare i partiti”. Subito dopo parte la campagna in Rete: mandate messaggi, denunciate, incita il blog. Hanno paura che il messaggio non passi, temono che i cittadini abbocchino alla faccenda dei soldi tagliati: “Si sono appropriati di una azione nostra – si agita il prossimo capogruppo Riccardo Nuti – Siamo noi quelli che hanno rinunciato ai rimborsi elettorali. Loro hanno preso il titolo dell’argomento e lo hanno rigirato con la solita faccia tosta: non hanno rispettato il referendum del ‘93, non hanno restituito i rimborsi come noi gli avevamo chiesto e adesso hanno ancora il coraggio di rimandare. Questa è una presa in giro”.
L’IDEA è quella di organizzare “azioni clamorose”. Non è ancora chiaro cosa abbiano in testa. Di certo, se mai il ddl dovesse diventare legge, stanno pensando a un ricorso alla Consulta, qualcosa che possa far valere le ragioni del referendum di vent’anni fa.
Il buco nero del disegno di legge del governo, sostengono, è quel 2 per mille che, senza altra precisa destinazione, finirà dritto nelle casse dei partiti. “Non esiste un tetto”, dicono, anche se il ministro Quagliariello sostiene che esista un limite, pari a 61 milioni di euro (si vedrà in Parlamento). E poi quei finanziamento alle scuole di formazione politica: “Noi non le abbiamo, sono roba dei vecchi partiti, le usano per favorire gli amici”, si sfogano. Roberta Lombardi scherza: “Come la chiamiamo, la scuola Banda Bassotti?”. Ultima ciliegina, i grillini non sopportano che nel ddl sia rispuntato il principio che la capogruppo Pd Anna Finocchiaro aveva già proposto nelle scorse settimane: il riconoscimento delle sole forze politiche dotate di uno Statuto, con criteri di organizzazione e trasparenza. Nonostante Beppe Grillo abbia presentato da un notaio genovese uno Statuto che preservasse M5S da esclusioni elettorali, in quelle pagine non c’è nulla dei requisiti che oggi il governo prova a rendere obbligatori. “A noi dei rimborsi non interessa” – dice ancora Villa-rosa – “Ma quello è comunque un diktat contro di noi”.