Noi del Movimento siamo pronti a votare gli emendamenti contro questa pessima legge sulla Rai assieme alle altre opposizioni. Vedremo se la sinistra del Pd alzerà finalmente la testa”. Roberto Fico, presidente della commissione Vigilanza sulla tv pubblica, membro del Direttorio dei 5Stelle, annuncia battaglia nell’ aula del Senato sul disegno di legge di riforma della Rai (si parte questa mattina). Ma lancia anche una proposta alla maggioranza: “Rinuncino alla nomina dell’amministratore delegato da parte del governo e approvino i nostri emendamenti per un consiglio di amministrazione di qualità: siamo disposti a ragionare assieme su una vera riforma”.
Perché questa legge è così dannosa?
Perché assegna il controllo sulla Rai alla maggioranza. Sarà il governo a nominare l’ad con pieni poteri e il presidente del cda. E degli altri cinque membri, tre saranno scelti dalla maggioranza nelle due Camere. Ne resterebbe solo una per le minoranze, mentre il settimo nome dovrebbe essere scelto dai dipendenti. Ma sulle modalità della scelta è buio totale.
L’ ad potrebbe essere revocato.
Il nodo politico è che solo in Ungheria e Moldavia l’ad viene nominato dal governo, ed entrambi i Paesi sono stati richiamati per questo dalle autorità europee.
Anche il dissidente dem Massimo Mucchetti ha parlato di “norma da Ungheria”. Pensa che la sinistra del Pd si opporrà in aula?
Federico Fornaro (bersaniano, ndr) aveva presentato un ddl per un sistema duale, nel quale è un consiglio di sorveglianza, composto anche da membri della società civile, a nominare il cda. Noi aspettiamo gli emendamenti delle opposizioni, e siamo pronti a votare quelli su cui saremo d’accordo. Coloro che dicono di opporsi alle riforme di questo governo passino ai fatti.
Il M5s cosa propone?
Innanzitutto va abolita la nomina dell’ad da parte dell’esecutivo. Puntiamo a un cda onorabile, ossia con persone con la fedina penalepulita e senza carichi pendenti, e competente, composto da professionisti con un curriculum di livello. E poi siamo attenti ai conflitti di interessi: quindi, veto per chi lavori o abbia lavorato per società che forniscono servizi alla Rai. Infine, divieto per chi abbia ricoperto cariche elettive negli ultimi cinque anni. Va garantita l’autonomia del cda.
In Senato è mancato quattro volte il numero legale. La maggioranza rischia di andare sotto?
Io so che al ddl sulla Rai sono contrarie anche la Lega e Forza Italia. E che Verdini potrebbe rivelarsi essenziale per Renzi e i suoi. Ma comunque vada il testo avrà tempi lunghi.
Perché?
Alla Camera si inizierà non prima di settembre, e anche membri del Pd come VinicioPeluffo invocano giustamente una vera discussione a Montecitorio, con spazio per emendamenti. Il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli ripete che “la politica non può bloccare un’azienda”. Sono loro ad essere in ritardo. Hanno fatto due conferenze stampa per annunciare il testo, ma è arrivato in commissione solo un mese e mezzo dopo. Il M5s aveva già presentato una proposta di legge, eppure sono andati diritti. Poi la commissione ha impiegato il tempo necessario.
Il governo ha presentato un emendamento per poter nominare il nuovo cda con la legge Gasparri, nel quale i pieni poteri dell’ ad andrebbero al direttore generale.
È lo specchio di quanto abbiano sbagliato i tempi. Il cda è già scaduto a maggio, e la proroga è a sua volta scaduta il 5 luglio. Siamo nella proroga della proroga, con una Rai allo sbando dove i consiglieri non possono fare programmazione. Non sapendo che fare, il governo vuole nominare il consiglio con la Gasparri (che prevede 9 consiglieri, di cui 7 nominati dalla Vigilanza e due dal Tesoro, ndr). Con buona pace delle parole di Renzi (“La Rai non può essere regolata da una legge che si chiama Gasparri”).
Cosa accadrà ora?
Il governo rischia di portare a sbattere la principale azienda culturale del Paese. Io ho sempre portato avanti il dialogo, innanzitutto con il relatore del Pd Raffaele Ranucci. Ma ora servono segnali concreti. Ritirino la nomina diretta del cda, e approvino le nostre proposte per un cda indipendente. E allora potremmo sederci a un tavolo.
Luca De Carolis
Il Fatto Quotidiano 28.07.2015