Jean-Claude Juncker è il presidente della Commissione Europea.
Non è stato eletto da nessuno e sul suo passato (ma anche sul presente) gravano le pesanti ombre del caso lussemburghese. Non ve lo ricordate? Junker è stato il Primo Ministro dello scandalo LuxLeaks. L’uomo che, di fatto, ha permesso miliardi e miliardi di Euro di evasione fiscale, falsando legalità e concorrenza all’interno della UE.
Che diritto ha Jean-Claude Juncker di parlare a nome dell’Unione Europea quando dice di “sentirsi offeso” dal comportamento di un governo sovrano come quello greco? Lui è un funzionario di alto livello, un dipendente pubblico con poteri molto ampi – questo è vero – ma senza il benché minimo diritto di delegittimazione di un popolo. Il teatrino andato in scena nel corso della conferenza stampa sulla Grecia di questa mattina è sembrato pura campagna elettorale.
La verità è che tutte le contraddizioni e i vuoti legislativi di questa Europa hanno bussato alla porta delle presidenze, una volta per tutte. Ora, i grandi tecnocrati abbaiano come cani rabbiosi, consapevoli che, però, a dividerli dal resto del mondo c’è un muro d’incompetenza e d’ipocrisia. Sono stati loro a non volere mai concedere agli Stati una via d’uscita dall’Eurozona, sono stati loro a dire che l’Euro è irreversibile. Era una finzione. La verità è che il potere, dopo secoli di guerre e di dittature, è sempre e solo appartenuto al popolo.
Jean-Claude Juncker, Mario Draghi, Angela Merkel e tutti coloro i quali hanno pensato di esercitare la supremazia delle minacce sopra la democrazia e l’autodeterminazione, sono stati riportati alla realtà dalle scelte del popolo greco, che hanno dettato l’agenda e la storia. Scavalcati senza colpo ferire dal primato della libertà. Ora la palla passa, ancora una volta, al Consiglio. Il Movimento 5 Stelle si è battuto nella conferenza dei capigruppo UE a favore della convocazione di un Eurosummit straordinario da tenere nelle prossime ore. L’obiettivo dovrà essere la ricerca di un accordo tra i creditori affinché si proroghi di qualche giorno il programma di aiuti in scadenza il 30 giugno, in modo da poter garantire lo svolgimento del referendum previsto per la prossima domenica.
L’impaurita Germania si è già dichiarata contraria. Ma non è più la sola a dettare le regole. Vedremo cosa succederà nelle prossime ore.