Matteo Renzi afferma che bisogna sostenere Vincenzo De Luca perché sarà un ottimo “sindaco della Campania”e saprà replicare nell’ente regionale il “modello Salerno”, di cui è stato sindaco per oltre venti anni. Ecco le buone ragioni per non votarlo.
NON È ELEGGIBILE
Sulla testa dell’ex primo cittadino di Salerno pende la spada di Damocle della legge Severino. È condannato a un anno per abuso d’ufficio e dopo il suo insediamento sarà sospeso dalla carica. A differenza dei sindaci, per i quali firma il prefetto, il decreto di sospensione è di competenza del presidente del Consiglio dei ministri. Cioè Renzi, che presumibilmente darà a De Luca qualche giorno di tempo per comporre la giunta e preparare il ricorso d’urgenza al Tar. La sospensiva, vista la giurisprudenza inaugurata da De Magistris, è scontata. Ma già il 21 ottobre la Corte Costituzionale si pronuncerà sulla legittimità costituzionale di quella parte della norma.In caso di sentenza sfavorevole, De Luca verrebbe sospeso per 18 mesi.
I GUAI GIUDIZIARI
Nel suo ufficio della procuradi Salerno, il pm Roberto Penna sta preparando il ricorso in Appello contro l’assoluzione di De Luca dall’accusa di peculato. Deve depositarlo entro il 5 giugno. Secondo il sostituto, l’aver inventato un ruolo di Project manager del termovalorizzatore violando il codice degli appalti per far avere una retribuzione extra al suo capo staff è qualcosa di più di un abuso d’ufficio. Ed una eventuale condanna per peculato comporterebbe la sospensione di De Luca anche in caso di cancellazione totale della Severino. Non è l’unico processo in corso: De Luca è imputato per il mastodontico Crescent insieme alla quasi totalità della giunta comunale, e tra non molto arriverà a sentenza un dibattimento sui fatti, molto datati, della fallita riconversione dell’ex Ideal Standard in Sea Park. Mentre viaggia sottotraccia un’inchiesta per corruzione che lo coinvolge insieme al figlio Piero, che ipotizza collegamenti tra consulenze per lavori pubblici e finanziamenti elettorali.
LE INCOMPIUTE
Ma è davvero da clonare questo “modello Salerno”? Il Crescent, palazzo-eco mostro,sfregia il lungomare: la colata di cemento che ha sommerso il capoluogo è stata
favorita da un utilizzo disinvolto dello strumento delle varianti. L’urbanista Fausto Marino, ex assessore di De Luca, ha parlato di “sacco edilizio”, nascosto dalle firme delle varie archistar mondiali per questo o quel progetto. La città brulica di opere incompiute: la “plurinaugurata” cittadella giudiziaria, la Lungoirno, il solarium, il Palazzetto dello Sport. Eppoi il Crescent, Piazza della libertà e la stazione marittima. Ogni mese c’è un nastro da tagliare. Ma è solo un modo per fare show, perché tutto è in fieri e tutto non finisce mai.
GLI IMPRESENTABILI
La questione non è giudiziaria ma politica. Pur di vincere, De Luca ha ramazzato personaggi imbarazzanti. Che gli imporranno accordi e spartizioni poco onorevoli su temi chiave dell’agenda regionale:la sanità, i trasporti, la gestione delle partecipate. È un remake, in grande, del ballottaggio di Salerno del 2006, quando De Luca strinse una intesa sottobanco con Nicola Cosentino, l’ex berlusconiano ora in carcere per aver agevolato il clan dei Casalesi.
BERLUSCONISMO
Magari uno vorrebbe votare De Luca per evitare il successo di Caldoro, l’uomo di Berlusconi. Dimenticando, però, che De Luca è un vero berlusconiano. Nel disprezzo per la magistratura (“solo uno squinternato poteva accusarmi di peculato”), nella gestione monocratica del potere, nel rifiuto del contraddittorio. Peraltro, De Luca non ha mai nascosto di puntare all’elettorato di destra, solleticandone le pulsioni sui temi della sicurezza urbana e dell’immigrazione, sguinzagliando per Salerno ronde di vigili contro i venditori abusivi e le prostitute. Anche per questo la sinistra non ne ha voluto sapere di allearsi con lui, mentre uno come Carlo Aveta, ex Destra di Storace, si trova perfettamente a suo agio.
di Vincenzo Iurillo
Il Fatto Quotidiano 23.05.2015
Il cerchio magico dello Sceriffo
Mai processo fu così lungo e scomodo. Lungo perché in quattro anni, solo ieri sono stati ascoltati i primi testimoni. Scomodo perché, seppur non sono stati individuati i mandanti, nelle carte processuali si ripete come un mantra il nome di Vincenzo De Luca collegato alle società municipalizzate, dove il sindaco decaduto di Salerno ha piazzato uomini di fiducia e candidati al consiglio regionale. Il processo è quello che cerca di far luce sull’aggressione del 14 luglio 2009 al Polo Nautico di Salerno subita dai Giovani democratici, a cui fu impedito di celebrare il congresso per l’elezione del segretario regionale. “Andatevene di qua sennò vi uccidiamo di mazzate. Oggi il congresso non si fa. Questa è Salerno e qua comanda De Luca”: queste le minacce che precedettero pugni, schiaffi e spintoni e che ieri sono state ribadite in aula da Vincenzo Pedace, membro della direzione nazionale dei Gd. La municipalizzata coinvolta è Salerno Pulita, che si occupa della raccolta dei rifiuti urbani: sei dei quattordici imputati per attentato contro i diritti politici sono dipendenti comunali. Tra questi c’è pure Giovanni Pagliarulo, papà di Rocco Hunt, il rapper vincitore di Sanremo giovani.
IL GIORNO successivo all’aggressione, a chi gli chiedeva di prendere pubblicamente le distanze da chi avesse usato il suo nome, Vincenzo De Luca rispose lapidario: “Non parlo di fatti che non conosco”. Di certo, De Luca conosce bene alcuni dei presidenti della partecipate del Comune di Salerno che ha voluto nelle sue civiche. Come Nello Fiore, presidente dell’Asis (che gestisce acqua e acquedotto), imputato nel processo sul Crescent e candidato nella lista Campania Libera, finita sotto inchiesta per la gestione dei rimborsi elettorali della campagna elettorale di cinque anni fa. O come Dario Barbirotti, ex presidente del Consorzio per i rifiuti Sa2, consigliere regionale uscente, attualmente candidato nel Psi e a processo per una presunta truffa legata alla gestione di telepass e carburante (oltre che per essersi aumentato lo stipendio di mille euro). Chi non ha trovato un posto nelle sue liste, resta comunque in quel cerchio magico di consensi che dalle società partecipate portano dritti a lui. Nella Salerno Patrimonio, nata per dismettere il patrimonio comunale, ci sono Ivan Meta, di recente nominato curatore fallimentare della Ifil (una società fallita che ha messo nei guai Piero De Luca, primogenito di Vincenzo, indagato per bancarotta fraudolenta) e Achille Monica, figlio del notaio Giuseppe che ha introdotto nell’atto di compravendita dell’area su cui sorge il Crescent la clausola che obbliga il Comune di Salerno alla restituzione di 50 milioni di euro agli acquirenti in caso di verdetti negativi della giustizia amministrativa.
ALLA PRESIDENZA di Salerno Solidale c’è Filomena Arcieri, ex direttore generale del Corisa2, a processo insieme a Barbirotti e al commercialista Pellegrino Barbato (ora presidente di Salerno Pulita) per la gestione del consorzio dei rifiuti. E poco importa se nel fascicolo di inchiesta sul tesseramento Pd a Salerno, che nel 2013 consegnò una vittoria bulgara al segretario-premier Renzi, c’è un filone dedicato alla gestione delle municipalizzate. Vincenzo De Luca sa benissimo che, dopo 20 anni di potere, il consenso nelle società partecipate è inamovibile.
Angelo Cappetta
Il Fatto Quotidiano 23.05.2015