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Banda larghissima

chespettacoloChe spettacolo, signori. Da pagare il biglietto, all’occorrenza. Il candidato governatore della Campania, Vincenzo De Luca, assicura che nella lista del Pd e in quelle che lo appoggiano “non c’è nessun condannato tranne me”: garantisce lui. Però ammette che “alcune candidature ce le saremmo potute risparmiare” e invita gli elettori a non votare gli eventuali impresentabili, nessuno dei quali è condannato: purché tutti votino per lui, che è condannato. Chissà che faccia avranno fatto i non condannati nel sentirsi dare degli impresentabili da un condannato. Ma non è finita, perché il vicesegretario nazionale del Pd Lorenzo Guerini si e ci illumina di immenso: “Il Pd in Campania ha stabilito principi molto chiari in merito alla qualità delle liste, con un’applicazione di regole più rigorose dello stesso codice etico”.

Talmente rigorose da lasciar passare tutto intero De Luca, due volte decaduto da sindaco di Salerno, per la sua incompatibilità col ruolo di viceministro del governo Letta e per la sua condanna in primo grado per abuso d’ufficio.
E chi le ha scritte queste regole ancor più rigorose del codice etico: Pasquale Barra ‘o Animale? Genny ‘a Carogna? Purtroppo – aggiunge Guerini – “nonostante questo impegno molto forte messo in campo, alcune situazioni di alcune liste alleate possono destare De-Luca-De-Mitaqualche interrogativo che un lavoro più attento avrebbe potuto evitare. Per questo mi rifaccio alle parole chiare di De Luca di non votare certi nomi, il nodo venga risolto con la competizione elettorale”. Quindi sia De Luca sia Guerini si appellano agli elettori affinché non votino le liste d’appoggio senza condannati, ma solo quella del Pd con il condannato. Perché – spiega ancora Guerini – il condannato De Luca ha una “figura nettamente distante da certe situazioni ambigue o opache”. Infatti non presenta alcuna ambiguità od opacità: è condannato e basta, punto. Viva la chiarezza. Dopo giorni di silenzio, si fa vivo persino Renzi su Repubblica Tv: premesso che “le liste del Pd sono pulite” (quelle che sostengono il condannato De Luca in Campania, l’indagata Paita in Liguria, l’indagato Rossi in Toscana, l’indagato Spagnolli a Bolzano, l’indagato Crisafulli a Enna e così via), è vero che “su alcune liste collegate si può discutere: ci sono candidati che non voterei neanche se costretto”. Quelli non condannati e non indagati. Invece il condannato, cioè De Luca, è “un buon amministratore, come ha dimostrato per la città di Salerno”.

Infatti è stato condannato in tribunale a un anno di carcere per aver inventato l’inutile ruolo di “project manager” dell’inceneritore di Salerno per regalare un po’ di soldi pubblici all’amico e capostaff Alberto Di Lorenzo, coprendo poi l’abuso di potere con “false giustificazioni postume” e con “il successivo occultamento sul sito web, della presenza di persone astrattamente più qualificate”. Insomma è provato che “la nomina, lungi dall’essere finalizzata a perseguire esclusivamente una finalità pubblica, aveva l’unico scopo di svincolare Di Lorenzo dal gruppo di lavoro e attribuirgli un’inventata posizione apicale, con conseguente riconoscimento di una più sostanziosa retribuzione”. A questo punto qualcuno – eventualmente, ma non è il caso di Repubblica Tv – potrebbe domandargli: scusa, Matteo, ma chi ha deciso di candidare nel Pd tanti indagati e un condannato? Chi ha autorizzato De Luca a correre alle primarie per una carica – la presidenza della Regione Campania – che non potrà ricoprire per via della legge Severino? E chi ha autorizzato il Pd campano a collegarsi a liste con candidati che tu non voteresti neppure se costretto? A noi risulta che il via libera l’abbia dato il fido sottosegretario Luca Lotti: qualcuno gliene ha chiesto conto e l’ha sanzionato per la – per così dire – avventatezza? La risposta è un doppio no.
Altra domanda: ora che avete scoperto – a vostra scajoliana insaputa, ci mancherebbe – fascisti, consentiniani, berlusconiani, amici dei camorristi e nemici dei vostri stessi sindaci antica-morra nelle liste collegate a De Luca, perché non togliete loro l’apparentamento, anziché chiedere agli elettori di ripulirvi la coscienza? Scrive Massimo Gramellini su La Stampa: “È come se uno, invitando a cena il suo migliore amico, gli dicesse: a tavola con noi ci saranno Barbablù, Al Capone e il mostro di Firenze, però tu non rivolgere loro la parola, anzi ti autorizzo a cacciarli di casa”. La verità vera è che hanno fatto accordi con i peggiori lestofanti, ben sapendo che portano con sé i voti di scambio di gente ancora peggiore di loro: gente che non si lascerà certo impressionare dall’invito a non votarli. L’alleanza con quelle liste non è avvenuta nonostante gli impresentabili, ma in virtù degli impresentabili. Senza i quali quelle liste non avrebbero alcuna utilità. Gli impresentabili non sono un incidente di percorso, ma la scelta cinica e consapevole di un partito che ha perso per strada tutti i principi e persino la virtù (sì, la virtù) dell’ipocrisia, avendo ormai un solo imperativo categorico: vincere a qualsiasi costo e non buttare via niente. Dire “non votateli” facendo l’occhiolino e incrociando le dita dietro la schiena è una penosa presa in giro. Che fa giustamente infuriare gli alleati prima usati e poi scaricati (per finta). Tipo l’ex forzista irpino Arturo Iannaccone (Campania in Rete), che dice al nostro Vincenzo Iurillo: “Noi non siamo saliti sul carro del vincitore: abbiamo spinto De Luca fin dalle primarie”. Altro che alleati last minute, impresentabili ma incontrollabili per mancanza di tempo. Tutti sapevano tutto, tutto è stato fatto apposta. Almeno, però, nessuno potrà accusare Renzi di non mantenere le promesse. L’altroieri aveva annunciato“la banda larga”.Almeno in Campania, l’ha già fatta.

Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano 13/05/2015

 

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