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L’Italia incatenata da Berlino e senza un Piano B, di Paolo Savona

piano_b_germaniaLa Bce si porta avanti con il lavoro facendo le barricate a una possibile uscita dell’Italia dall’Euro.
L’economista Paolo Savona, ex ministro, ex Banca d’Italia, braccio destro di Guido Carli, che 23 anni fa firmava i trattati di Maastricht:

La decisione (della Bce, ndr) di immettere base monetaria attraverso il canale dell’acquisto di titoli di stato, forse perché è l’unico pronto, per un totale di 130 miliardi da parte della Banca d’Italia, ha due conseguenze. Mina il bilancio di Palazzo Koch impegnando – in maniera obbligatoria, pare – le riserve ufficiali anche auree. E impedisce in futuro allo stato italiano ogni genere di rinegoziazione o di dichiarare default del proprio debito senza determinare gravi conseguenze anche per la ‘sua’ Banca centrale”. In sintesi: “Il Qe funziona come un’ulteriore bardatura che impedirà al paese scelte diverse da quelle di stare in Europa, obbedendo a Berlino-Bruxelles a rischio di trasformarci in colonia politica”. Savona precisa di non essere tra quanti ritengono che l’uscita dalla moneta unica purificherebbe il paese dalle sue storture. E’ convinto però che nel lungo periodo “con queste condizioni non si può escludere l’ipotesi che diventi necessario rinegoziare partecipazione all’euro e debito sotto stress speculativo”. Ergo – ragiona Savona che da anni invita la classe politica a dotarsi di un “piano B”, come secondo lui perfino la Germania non ha mai negato di aver fatto – “Matteo Renzi e l’Italia farebbero bene a guardare oltre l’entusiasmo contingente. Laicamente, restare pronti a tutto”.

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