Da una parte la storiella di Renzi sull’aumento dell’occupazione e le buone prospettive della disoccupazione, dall’altra i dati Istat che, mese per mese, la smentiscono senza pietà. Anche nel novembre 2014 il tasso di disoccupazione è cresciuto rispetto al mese precedente (+0,2%) e al novembre del 2013 (+0,9%), raggiungendo la vetta del 13,4%, più alto valore di sempre da quando esiste la Repubblica se si esclude l’immediato dopoguerra. I disoccupati ufficiali ammontano a 3 milioni e 457 mila unità (+40 mila unità da ottobre e +264 mila unità dal novembre 2013). Non c’è alcun segnale di un miglioramento nel 2015 e la finanziaria restrittiva di Renzi, con aumenti di tasse regressive, tagli lineari e investimenti invisibili, ci metterà di fronte ad un nuovo anno di record negativi per i lavoratori.
Non solo. Quando si guarda alla salute del mercato del lavoro è bene considerare accanto al tasso di disoccupazione anche quello di occupazione, dato che entrambi i valori percentuali si calcolano sulla forza lavoro mentre non considerano gli inattivi, cioè coloro che hanno smesso di cercare un impiego (disoccupazione strutturale).
Anche la parabola del tasso di occupazione è discendente. Abbiamo dovuto sopportare le menzogne di Renzi per mesi quando vantava un aumento notevole degli occupati, anche se la disoccupazione saliva. Nulla di più falso. I dati Istat parlano chiaro: nonostante sempre più persone cerchino lavoro (per disperazione) e gli inattivi siano quindi ai minimi storici (-312 mila rispetto al 2013), il tasso di occupazione diminuisce sia rispetto ad ottobre (-0,2% e -48 mila unità), sia rispetto al novembre 2013 (-0,2 e -42 mila unità). In particolare da quando è Renzi è Presidente del Consiglio (febbraio-marzo 2014) gli occupati sono calati di 77 mila unità.
Sul fronte disoccupazione giovanile (15-24 anni) ancora malissimo con il tasso al 43,9%: +0,6% su ottobre (18 mila nuovi disoccupati) e +2,5% rispetto al novembre 2013 (63 mila nuovi disoccupati). Calano anche i giovani occupati rispetto al 2013 (-0,9%).
Il Governo dell’euro e dell’austerità ha già scoccato le tre frecce che considera risolutive: decreto Poletti, Jobs Act e decontribuzione per 3 anni sui lavoratori assunti a tempo indeterminato.
La prima freccia, già a regime da mesi insieme agli inutili 80 euro, non ha prodotto alcun risultato, anzi.
Le altre due, senza investimenti che rilancino domanda, produttività e redditi da lavoro, sono destinate a mancare del tutto il bersaglio e il Jobs Act, in particolare, ci restituirà un mercato del lavoro ancor più precario dopo anni di leggi contro la stabilità del posto di lavoro.
Gli investimenti però, non si possono fare, altrimenti Mamma Ue, con l’aiuto del Fiscal Compact e dell’euro, ci manda dietro alla lavagna a suon di commissariamenti e ulteriori tagli allo Stato sociale. Una vergogna europea che consente alla Germania di mantenere un tasso di disoccupazione relativamente basso, mentre il Sud Europa, e non solo, affoga nella miseria.
L’Europa dell’euro non cambierà perché non può cambiare. Fuori dall’euro, dai trattati suicidi e dall’incubo Renzi.
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