Come si cambia. Era il 1984 quando Fiorella Mannoia chiarì a tutti che il mutare è fatto normale della vita. Non solo: due anni prima, il musicista cileno, Julio Numhauser, aveva già prodotto la più impegnativa Todo cambia. Certo, a quel tempo Matteo Renzi era solo un giovane esploratore, ma crescendo ha avuto modo di capire bene il concetto. Prendiamo le province. Ora sono il male assoluto, un’escrescenza da eliminare dalla vita pubblica a costo di creare il solito casino in cui non si capisce più chi comanda, perché e su mandato di chi.
UN TEMPO invece la provincia era la terra di latte e miele per Matteo. Nel 2004, in quota Francesco Rutelli, l’attuale premier diventò presidente di quella di Firenze. Che tempi meravigliosi. Consulenze, affidamenti, incarichi, amici e relative società, onorificenze e molto altro, giù giù fino alla socialità sfusa tipo “Festa della Pimpa”: tutta la base del renzismo che sarà è provinciale, se ci si passa il doppio senso. Cinque anni meravigliosi rovinati solo in parte dalla tigna della Corte dei conti, che s’intestardì per certe assunzioni senza qualifica e un presunto danno erariale. Cose che capitano e non possono cancellare l’amore dato e ricevuto in quegli anni così intensi e formativi.
Non è un’esagerazione, parlare d’amore, basti leggere la lettera così tenera e sentimentale che il Matteo Renzi provinciale inviò ai “suoi” dipendenti nel settembre 2008: “Avverto il desiderio di scrivervi”, esordiva il premier con impeto para-erotico. “Sono stati anni complessi ma affascinanti”, proseguiva, “e sono convinto che oggi la Provincia di Firenze – grazie soprattutto al vostro lavoro – sia più forte di prima. Più efficiente di prima. Più visibile di prima. Chi ha avuto a che fare con noi, con le professionalità che possiamo esprimere, sa perfettamente che è impossibile definirci un ente inutile”. Ente inutile? Giammai. Ora – scriveva Renzi – la politica discuterà cosa farne di queste province ma intanto cari miei io vi assumo, vi assumo più che posso. È un profluvio: “Da qui alla fine del mandato la concreta opportunità di una ‘progressione verticale’ sarà alla portata di oltre 100 lavoratori della Provincia”; “la giunta di venerdì scorso ha approvato un atto che consentirà l’ingresso a tempo indeterminato di altre 42 persone. Contestualmente abbiamo trasformato 52 contratti di collaborazione coordinata e continuativa in altrettanti contratti a tempo determinato”; “entro il 15 dicembre l’Amministrazione provvederà a bandire concorsi per almeno 40 nuove assunzioni”. E poi c’era il delizioso “progetto Multicard”: mille euro l’anno a testa da spendere in “corsi di formazione reperibili liberamente sul mercato”, ma volendo pure in “libri, materiali multimediali, corsi di lingua, teatro e musica”. Questo nel 2008. Nel 2014 ventimila lavoratori, tra cui quelli assunti da Renzi cinque anni fa, non sanno che fine faranno tra due anni: d’altronde lavorano in un ente inutile e dunque soppresso (cioè quasi). Certo, Todo cambia e provinciale non è solo la Festa della Pimpa ma pure un certo bovarismo per cui il cambio d’umore sentimentale è sempre dietro l’angolo; neanche un mese dopo la lettera, Renzi era già candidato alle primarie per il sindaco di Firenze. Anche qui, niente di nuovo: “Come si cambia per non morire”. Però, certo, tutta questa ingratitudine dopo che c’è stato l’amore è spiacevole…
Marco Palombi
Il Fatto Quotidiano 28.12.2014