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Il partito: “C’è la privacy Non si possono fare nomi”

cene_pdSOLTANTO UNA SETTIMANA PRIMA IN TV RENZI DICEVA: “I PARTECIPANTI SARANNO REGISTRATI E RESI PUBBLICI”. SENZA LIBERATORIE ADDIO TRASPARENZA.

I nomi dei partecipanti alle cene di finanziamento del Pd sono pubblici e registrati”. Così Matteo Renzi diceva in diretta tv a Bersaglio mobile, mercoledì scorso. Una settimana dopo però gli elenchi è impossibile averli.   I vertici dem alla richiesta di conoscere i nomi di chi c’era all’Eur all’iniziativa romana del 7 novembre scorso fanno muro. L’imbarazzo però aumenta con il passare dei giorni. Dal Nazareno sussurrano che è impossibile renderli noti, a causa della legge sulla privacy. La stessa che impedisce di conoscere per intero i nomi dei finanziatori della Leopolda. Con buona pace della trasparenza, evocata dallo stesso segretario-premier. Perché, per diffondere i nomi dei finanziatori, serve una liberatoria. Molti non l’hanno data e forse non lo faranno mai. Anzi, da quando si è capito che a cena quella sera c’era anche Salvatore Buzzi, le reticenze aumentano: nessuno vuol essere accomunato al capo della cooperativa 29 giugno, coinvolto nell’inchiesta su Mafia Capitale.
Poi, ci sono una serie di altre questioni: per esempio, in molti il bonifico non l’hanno ancora fatto. E per alcuni dei presenti hanno pagato altri. E dunque, se pure un elenco (di massima) dei commensali, gli organizzatori assicurano di averlo, è pressoché
impossibile averne uno completo di chi ha pagato. Lo stesso Matteo Orfini, presidente del Pd, e ora anche commissario del partito romano, lunedì sera a Piazza pulita ammetteva che sarebbe importante rendere pubblici gli elenchi. E sottolineava come questa vicenda metta in luce tutte le falle del finanziamento privato alla politica, una volta che si è deciso di rinunciare a quello pubblico. Insomma, uno dei cavalli di battaglia del Pd secondo Renzi mostra tutte le problematiche del caso: come controllare chi paga il partito? E come stabilire chi può e non può farlo? Non solo: come evitare di incorrere nel reato di traffico di influenza, introdotto dalla Severino?
SULLA PRESENZA di Buzzi ai tavoli di Roma l’imbarazzo dei dem diventa stellare. Francesco Bonifazi, Francesco Bonifaziil tesoriere affermava in un tweet: “Buzzi non ha dato un euro al @pdnetwork nazionale”
. E adesso, ora che Claudio Bolla, il braccio destro di Buzzi, sostiene che invece lui ha pagato per sé e per chi era con lui, ribadisce: “Buzzi non ha pagato al Pd nazionale”. Perché, spiegano dai vertici del Nazareno, quattro o cinque tavoli erano appaltati al Pd Roma. Impossibile, però, avere risposte dal partito locale su chi ci fosse. “Non so niente”, dice il tesoriere Carlo Cotticelli. Poi, corregge il tiro: “Sono commissariato. Non sono tenuto a parlare”. Però, il 7 novembre non c’era ancora alcun commissario. Tra i vertici dem della Capitale è tutto un generico “non so niente”. Da notare che all’ultimo momento quella sera fu fatto saltare il tavolo di Marco Di Stefano. Non senza resistenze locali.
DA ORFINI allo stesso Bonifazi, stanno lavorando per uscire da questa impasse. Ma sembra una di quelle sabbie mobili nelle quali si affonda sempre di più. Sempre per rimanereallaquestioneBuzzi, si apre un altro versante: quelli arrivati dalla 29 giugno sono soldi pubblici, visto che provenivano da appalti deliberati dal settore
pubblico. Si profila una sorta di gioco delle tre carte: il Comune di Roma finanziava Buzzi, che ha finanziato il Pd. Tutto anche grazie alla poca conoscenza del territorio di Renzi e dei suoi. Al Nazareno dicono che non potevano immaginarsi un mese fa che sarebbe scoppiato questo bubbone. Oggi i rischi e i problemi di opportunità politica di quelle cene sono sotto gli occhi di tutti.

di Wanda Marra
Il Fatto Quotidiano 10.12.2014

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