Sono tutti renziani. Anche chi non lo sa.
Sono renziani i renziani, che concepiscono la politica come fosse calcio, cioè tifo, e dunque non hanno dubbi e difendono il loro Ducetto a prescindere, plaudendolo (col capo-plaque in sala, anzi stazione) in ritrovi pieni di yuppie speculatori, bimbiminkia che giocano coi trenini e imprenditori folgorati sulla via ottimistica di Tonino Guerra.
E’ renziana la sorridente Moretti, anche se prima non lo era, ed è renziano il crisantemico Orfini, anche se prima non lo era. E’ renziana la Boschi, che tra Berlinguer e Fanfani sceglie senza dubbio il secondo perché “io sono di Arezzo come lui, eh eh”: chissà se fosse nata a San Casciano in Val di Pesa, magari a quest’ora avrebbe in camera il poster di Pacciani.
Sono renziani i berlusconiani, e c’è da capirli, in fondo sono solo passati dal padre scaltro al figlioccio un po’ bischero ma tutto sommato più spendibile.
Sono renziani gli ingoianti, quelli che si fanno piacere tutto; quelli che, se domani leggessero che il governo vuole reintrodurre la schiavitù, direbbero che è “una scelta positiva per il rilancio dell’economia, anche se forse un po’ troppo di sinustra”.
Sono renziani quelli che si dicevano “antiberlusconiani” e sognavano un paese migliore; ma lo sognavano male, perché poi votavano Violante e quella strofa de I treni a vapore (“Io la sera mi addormento e qualche volta sogno, perché so sognare”) non l’hanno mica mai capita.
E’ renziana la sinistra per nulla migliore dei Genny Migliore, che ieri definiva Renzi “liberista fuori tempo” e oggi cerca un altro strapuntino di potere giocando al quasi-proletario per nulla di lotta e magari di governo: qualsiasi governo.
E’ renziano Andrea Romano, uno che ha sbagliato tutto quel che c’era da sbagliare e per questo sta ancora in Parlamento; ieri montiano, l’altri ieri dalemiano e oggi jovanottiano, col renzismo prova privata di quella grande Chiesa che parte da Che Guevara e arriva a Madre Teresa, passando per Malcom X e Marco Carrai, ora pro nobis e così sia.
E’ renziano Alfano, che pur di non restare da solo voterebbe chiunque. Persino se stesso. E’ renziano Ferrara, e fa bene a esserlo perché non potrebbe chiedere di meglio. E’ renziano Sallusti, però lo vedo triste: non esistono più i Berlusconi di una volta, si nasce Caimani e si muore Paciocconi Mannari.
E’ renziano il mio vicino di casa, perché “non c’è alternativa a Renzi bisogna sperare, non si può mica solo criticare come fate voi del Fatto”. Sono renziani i gufi e gli sciacalli, che a stare all’opposizione si son già rotti le palle. E’ renziana quasi tutta l’informazione, perché il coraggio non paga e l’onestà intellettuale era senza wifi.
E’ renziana la gremita e rossa piazza San Giovanni, litigiosa e frammentata, troppo presa a chiedersi chi sia il più bello del reame – meglio gli tsiprasiani, no i bersaniani, no i civatiani – mentre i gattopardi 2.0 stravincono per mancanza di avversari.
E’ renziano il Pd, anche quello che dice di non esserlo, perché se l’opposizione interna è incarnata da Fassina viene quasi voglia di rivalutare Nardella. E’ renziana Sel, anche quella che dice di non esserlo, perché ogni volta che parla Vendola un elettore di sinistra muore.
E’ renziano Grillo, perché per ogni battaglia giusta sbaglia tre post e dieci frasi, sabotandosi da solo con masochismo encomiabile, e nel frattempo il Partito Unico ringrazia.
E’ renziano il 40 percento, sono renziane le 80 euro. Sono renziani Pif, le slide e i gelati Grom. E’ renziana la Dc, che non è mai sembrata così giovane. E’ renziana la sinistra, è renziano il centro, è renziana la destra. Soprattutto la destra.
Sono renziani tutti, ma proprio tutti. Tranne quei milioni di italiani che, dopo vent’anni di berlusconismo, tutto speravano tranne questa sbornia tragicomica per un Panariello minore: che l’Italia fosse un paese figlio di ducetti minori caricaturali era noto, ma forse adesso si esagera. Sì, sono renziani tutti. Proprio tutti. Tranne quei milioni di italiani che domani si asterrebbero, o forse voterebbero chi tutto sommato prova a opporsi, sperando però – se è lecito sperare – che la talora vera e spesso presunta opposizione la smetta di farsi dettare la campagna elettorale da Tafazzi. Il quale, ovviamente, è diventato renziano pure lui.
Andrea Scanzi
Il Fatto Quotidiano 28.10.2014