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La Camera degli equivoci sugli F35: “Il governo li dimezzi. Ma anche no

caccia_aereo_f35Ieri alla Camera è avvenuta una straordinaria novità politica sull’acquisto degli F35: il Parlamento, attraverso ben tre mozioni, ha impegnato il governo a fare un po’ come gli pare. Non è una battuta, ma il frutto della lettura sequenziale dei tre dispositivi approvati dall’aula di Montecitorio: è vero che sui siti e in tv è stata data notizia che le Camere chiedevano di dimezzare il programma, ma la realtà come vedremo è leggermente diversa.
LA MAGGIORANZA ufficiosa che governa il Paese, cioè quella che comprende Forza Italia, ieri ha infatti deciso di dire sì a ben tre mozioni sul programma Joint Strike Fighter. La prima – presentata da Pd, Scelta Civica e centristi vari – prevede effettivamente di ridurre il peso economico degli acquisti: impegna, infatti, il governo “a riesaminare l’intero programma F35 per chiarirne criticità e costi con l’obiettivo finale di dimezzare il budget finanziario originariamente previsto”.
   Bene, si dirà. Certo, però il problema c’è che le altre due di questa faccenda del dimezzamento non parlano affatto e impegnano parimenti il governo sempre grazie al voto della Camera. La mozione di Ncd ad esempio, primo firmatario Fabrizio Cicchitto, non parla nemmeno di ridurre la spesa per i caccia bombardieri, ma si limita genericamente a impegnare l’esecutivo “a ricercare ogni possibile soluzione e accordo con i partner internazionali al fine di massimizzare i ritorni economici , occupazionali e tecnologici, valorizzando gli investimenti già effettuati” (che superano i tre miliardi di euro complessivi) soprattutto nel sito produttivo di Cameri, Novara, dove si assemblano pezzi di ala.   Pure quella di Forza Italia – prima firma Renato Brunetta – non parla affatto di dimezzare il programma, ma di “contemperare le esigenze della difesa in materia di pianificazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento dei sistemi d’arma (…) con le più generali esigenze di contenimento della spesa pubblica”. La Camera, insomma, ha votato per il dimezzamento degli acquisti di F35? Sì, ma anche no. E il governo a cosa deve considerarsi impegnato? Nei fatti i deputati gli hanno chiesto di tagliare la spesa per i caccia prodotti dalla Lockheed Martin del 50% o magari meno o anche niente se proprio non è possibile visti gli accordi internazionali e i focolai di guerra che si aprono qui e là. Insomma, il governo di Matteo Renzi – che s’è impegnato a presentare un Libro Bianco sulle spese della Difesa entro il 2014 – farà un po’ quello che gli pare con gli F35 e con tutto il resto: se deciderà di ridurre gli acquisti dei caccia lo farà perché lo avrà deciso da solo, non certo per il voto schizofrenico del Parlamento.
IL PROBLEMA, ormai, è che il programma Joint Strike Fighter sta sostanzialmente colando a picco a livello tecnico e politico: sopravvive solo come accordo economico vincolante e per il peso politico degli Stati Uniti, dove i caccia sono stati pensati e vengono prodotti. Basti citare una delle mozioni bocciate ieri dalla Camera, quella di Giulio Marco di Sel, che chiedeva l’abbandono del progetto (come quella del M5S, mentre quella della Lega – bocciata anch’essa – ne chiedeva la completa conferma): un po’ per i costi che continuano a crescere e un po’ per i problemi tecnici che stanno funestando la fase di sperimentazione, Gran Bretagna, Olanda, Australia, Turchia, Canada
e altri hanno ridotto la loro partecipazione al programma e pure il Pentagono rivedrà al ribasso il numero di velivoli di cui ha bisogno.   Risultato: “Ogni riduzione – e in particolare quelle più consistenti da parte degli Usa – comportano ulteriori e continui aumenti del costo unitario per tutti gli acquirenti” (oggi, per i primi tre già comprati, già siamo a 126 milioni di euro l’uno). Questo comporterà che il costo finale del programma potrebbe salire dai 14 miliardi previsti a tre volte tanto.

di Marco Palombi
Il Fatto Quotidiano 25.09.2014

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