CONFLITTO D’INTERESSI INFINITO, BERLUSCONI HA PRETESO E OTTENUTO: PIANO DELLE FREQUENZE FAVOREVOLE, DIRITTI TV CALCIO E TETTI PUBBLICITARI FANTASMA.
L’ultimo, decisivo contatto c’è stato nelle ore di sospensione di giovedì scorso a Palazzo Madama, prima dei tumulti e del corteo al Quirinale. Al telefono Matteo Renzi e il suo amico Denis Verdini, lo sherpa berlusconiano dell’inciucio sulle riforme: “Denis, non ci sono alternative al contingentamento, voi ci siete?”. “Matteo, non ti preoccupare, lo voteremo”. E così è stato. Anche se, quando poi è toccato al capogruppo azzurro al Senato, Paolo Romani, spiegarlo in aula, decine di forzisti sono andati via per protesta. È il patto del Nazareno, bellezza, e nessuno può farci nulla. Nel marzo scorso, al Fatto, il socialista Rino Formica, non Beppe Grillo, lo definì il patto scellerato Bierre “che sta smontando pezzi di Costituzione come nemmeno Mussolini, Napolitano sa che è un golpe?”. Parole sempre più attuali.
Le priorità del Condannato
Nel venerdì dopo l’Aventino, i forzisti “nazareni” rivendicano, al pari del premier, la linea dura. Due di loro se la ridono: “È stato un trionfo, andiamo avanti sino alla fine”. Più renziani di Renzi. Il patto tra lo Spregiudicato e il Pregiudicato sta ribaltando equilibri e posizioni. Per B. e i suoi, il Senato non è la parte decisiva del testo scritto e segreto e custodito dai due contraenti del Nazareno. In ordine d’importanza vengono prima la nuova legge elettorale, l’Italicum (e il timore diventato retropensiero in questi giorni è che Renzi faccia saltare tutto con un pretesto e vada al voto con un Mattarellum approvato in 15 giorni), la riforma della giustizia (proprio ieri il guardasigilli Orlando ha detto che le sentenze del Condannato non sono “un ostacolo”), finanche il delicatissimo dossier televisivo. Al Fatto, questo quarto punto, affrontato a quattr’occhi da B. e Renzi nel loro storico incontro nella sede del Pd (senza streaming, ovviamente) è riferito da più fonti berlusconiane . È la garanzia senza scadenze per l’eterno conflitto d’interessi dell’ex Cavaliere, quasi ottantenne e sempre più ossessionato dalla “roba” da lasciare ai cinque figli.
Il partito del Biscione
Tranne Verdini e i suoi, forse più in quota Renzi che B., questo l’ironico paradosso, quello del Nazareno è il patto tra un partito diventato padronale, il Pd, e un partito azienda, Mediaset. Ed è per questo che i mal di pancia di Forza Italia si possono riassumere in questo lamento: “Abbiamo subìto un accordo voluto dal partito Mediaset”. Il Biscione vanta fautori di altissimo rango del renzusconismo: l’onnipresente Gianni Letta (Panorama ha rivelato che avrebbe mostrato a B. un sms ricevuto da Renzi: “Il Capo… Un Gigante”), Fedele Confalonieri, Ennio Doris. Senza dimenticare che, agli inizi di luglio, prima della battaglia del Senato e prima della sentenza d’appello del 18 luglio di assoluzione per Ruby, è arrivato l’endorsement di Pier Silvio B., vicepresidente di Mediaset: “La crisi che stiamo vivendo è troppo lunga. Non c’è più un minuto da perdere: come italiano e come imprenditore, tifo per le riforme subito e per la fretta del governo. Renzi ha una chance unica e una grandissima responsabilità. Renzi è il più grande comunicatore dopo mio padre”.
Il risparmio bipartisan
Nei tre anni del Napolitanistan e dei governi tecnici, il saggio Confalonieri ha sempre ripetuto all’amico Silvio che l’inciucio fa bene a Mediaset. L’ultima conferma l’altro giorno, giovedì, quanto il titolo ha avuto la terza migliore performance a Piazza Affari (+ 6,90 %) e il suo prezzo continua a superare i tre euro abbondanti (3, 286). Ieri invece una flessione, a causa del superaccordo europeo in casa Sky. Ma in Italia, Medieset è sempre in una botte di acciaio, non di ferro. Agli inizi di luglio, nella commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni, un documento della Confindustria Radio Tv (formata da tutti i broadcaster nazionali) spinge per il congelamento dell’attuale situazione e difende Mediaset sulla questione della banda a 700 megahertz contro la creazione di nuove reti nell’agenda digitale. Non solo. Il piano delle frequenze, attualmente in una fase di consultazione fino al prossimo settembre, è liquidato come un “vero bluff” dagli esperti del settore. In ogni caso, Rai e Mediaset risparmieranno 80 milioni di euro nei prossimi cinque anni alla voce canone per le frequenze. Il ministero che se ne occupa è quello dello Sviluppo Economico, occupato dall’unica berlusconiana dichiarata del governo Renzi, Federica Guidi.
Spot, l’ultimo inciucio
Un altro dossier messo a giacere riguarda la direttiva europea sui tetti pubblicitari da abbassare alle reti commerciali. Facile immaginare perché non vengano adeguati. Per Mediaset sarebbero tanti, troppi milioni in meno. Un colpo che non potrebbe permettersi dopo essersi svenata per l’inciucio epocale tra Sky e Mediaset sui diritti tv del campionato di calcio di Serie A, triennio 2015-2018, alla fine di giugno. Alla vigilia la stessa Sky aveva mandato un avvertimento a Renzi: la Lega Calcio non favorisca Mediaset. È finita con un altro inciucio. Il renzusconismo ha inglobato il conflitto d’interessi alla perfezione.
di Fabrizio D’Esposito
Il Fatto Quotidiano 26.07.2014