Molte delle conseguenze delle estrazioni del petrolio sono diventate note al resto d’Italia semplicemente guardando cosa accadeva alla Basilicata.
Quindici anni di trivelle hanno portato ad un innegabile abbassamento della qualità di vita dei lucani, che sono alle prese con povertà ed emigrazione, con il proliferare di pozzi di petrolio fra campi, parchi, ospedali, con laghi e sorgenti inquinanti da componenti usati nelle trivellazioni petrolifere, con la presenza di idrocarburi nel miele e nei meleti, con “anomalie di funzionamento”, con sfiammate, con acidificazione dei pozzi, con periodiche emissioni di idrogeno solforato e altri inquinanti in atmosfera.
Le autorità fanno poco, per ignoranza e perché accecati da royalties, i monitoraggi sono partiti con anni di ritardo e sono fatti per sport, l’informazione è lasciata nelle mani di volontari. E’ lampante, e basta solo andare in Val D’Agri e parlare con i lucani veri, non quelli che presentano il festival di San Remo.
Di tutte le regioni in cui mi è stato chiesto di fare qualcosa, è sempre la Basilicata la più vicina al mio cuore perché hanno avuto la sventura di essere partiti per primi, quando di petrolio nessuno parlava se non in termini celebratori, e pochissimi, quindici anni fa hanno potuto o saputo fermare il mostro. Se in Abruzzo siamo riusciti a fermare il Centro Oli di Ortona, la raffineria di Bomba e vari campi petroliferi, è stato anche grazie all’esperienza lucana che ha scandalizzato tutti.
Ed ecco allora una occasione per tutti gli italiani da Nord a Sud di fare qualcosa di buono per la Basilicata, piccola e lontana.
L’Eni ha intenzione di trivellare l’ennesimo pozzo. Si chiama Pozzo Pergola in provincia di Potenza e dovrebbe essere trivellato a due-trecento metri di distanza da zone abitate del comune di Marsico Nuovo. Un oleodotto di sette chilometri poi partirà dal pozzo Pergola fino all’innesto verso Centro Oli di Viggiano. L’oleodotto attraverserà campi agricoli, vicino ad altre abitazioni, e sorgerà al confine con il Parco della Val D’Agri ed altre zone protette. L’area è soggetta a movimenti franosi, ed è classificata sismica uno, il grado maggiore di pericolosità. I residenti sono preoccupati per il potenziale inquinamento delle sorgenti idriche visto che pozzo ed oleodotto sono parte del vasto bacino idrografico del Fiume Sele fra Basilicata e Campania.
L’Eni dice che gli impatti saranno “lievi/trascurabili/nulli”. Certo, come per gli altri pozzi già trivellati in Basilicata o nel resto del mondo.
Quello che allora si può fare è di esprimere (entro il 10 Febbraio) la propria contrarietà al pozzo Pergola agli uffici ambientali preposti della Basilicata, in qualità di cittadini italiani.
Secondo le leggi italiane e secondo il trattato di Aarhus, chi decide deve farlo nell’interesse collettivo e non per il beneficio di colossi internazionali. Sta allora a noi l’onere di fare sentire la nostra voce di cittadini e dire che non è nell’interesse collettivo fare ancora un altro buco nella già martoriata Basilicata. E’ importante essere in tanti, in solidarietà ad un paesino che vuole solo tenersi stretta la sua aria, la sua acqua, la sua vita.
Qui le indicazioni complete per aderire alla campagna.
di Maria Rita D’Orsogna
Il Fatto Quotidiano 03.02.2014