DOPO LE MAIL VIOLATE, RUBATO UN HARD DISK AL SENATO LA LOMBARDI INCONTRA GLI INQUIRENTI. ORA ANCHE LA SICUREZZA DI MONTECITORIO SI OCCUPERÀ DEL CASO.
Furti e intrusi
Finora si conosceva solo la parte “virtuale” delle intrusioni. Adesso invece i Cinque Stelle raccontano che di mani altrui ne hanno viste anche dal vivo. Una, tre settimane fa, ha portato via un hard disk dall’ufficio legislativo, al quarto piano del palazzo dei Gruppi del Senato. L’altra, giovedì, si è “materializzata” in pausa pranzo: mentre uno dei collaboratori dei deputati grillini era andato a pranzo, qualcuno ha provato ad entrare nella posta dal suo pc. Se n’è accorto perché gli è arrivato un sms che lo avvertiva del tentativo di intrusione e perché, quando è tornato alla scrivania, ha dovuto reimpostare le chiavi di sicurezza. Anche per Stefano Vignaroli i guai non sono finiti con l’attacco hacker del 24 aprile: dal 25 in poi, ci sono altri numerosi accessi alla sua posta. Yahoo ha controllato: molti vengono dall’Italia, ma uno dall’Ungheria. “Non ci sentiamo minacciati perchè abbiamo inconfessabili segreti – dice la capogruppo Lombardi – ma ci sconvolge il silenzio che si è creato attorno a un simile attacco ad un movimento politico”. L’impressione diffusa tra gli eletti del Movimento è la faccenda delle mail violate sia stata derubricata a una bega tra “ragazzini”. “Ecco, vedete – dice la Lombardi nella conferenza stampa del pomeriggio – Sono le 17 e non mi è ancora arrivato quello che ci avevano promesso”. Vuole un report, un resoconto sulle indagini, un segno tangibile che l’inchiesta prosegua senza sosta.
Il comunicato arriva quando mancano dieci minuti alle 20: stiamo procedendo “a ritmo serrato”, dicono dalla Procura, e lavoriamo “in perfetta intesa” con la polizia postale. Per la verità, il lavoro della polizia postale è arrivato a un bivio. Anonymous – la più famosa rete di hacker – si era offerta di dare una mano. Ma nemmeno loro hanno cavato nulla. I server da cui è partito l’attacco risiedono in Svezia, Australia e Stati Uniti. Per acciuffarli serve una rogatoriainternazionale, che può essere disposta solo dalla magistratura. Non ci sono altre tecniche per avvicinarsi ai responsabili se non quella, piuttosto complessa, di “infiltrarsi” tra di loro, navigare nei forum e conquistare fiducia fino a scoprire dove si trovano fisicamente. Ironia della sorte, alcuni dei più capaci agenti della polizia postale in questo momento collaborano con la Boldrini, proprio la presidente che ha denunciato minacce via web e che ora annuncia: “Degli hacker si occuperà anche il Comitato per la sicurezza dell’Ufficio di Presidenza”. D’altronde, si fa notare, al momento uno dei reati contestabili agli hacker è quello di accesso abusivo. Grave, ma non al punto da finire in cima alla lista degli inquirenti. La questione però qui è politica. “E se fosse successo ai deputati Pd e Pdl?”.
Blog e “bavaglio”
L’ipotesi ora è che a essere violata sia stata la stessa piattaforma che ospita il blog di Beppe Grillo e che da molti anni scandisce le attività dei militanti di tutta Italia. Fonti vicine ai tecnici del Movimento parlano di un sistema informatico debole che ha permesso agli hacker di entrare facilmente dentro il sito e di impadronirsi delle email di tutti coloro che usavano per accedere le stesse password della casella di posta personale. Un trucco che nel giro di poco tempo avrebbe messo in pubblica piazza intere conversazioni private e non solo tra i singoli attivisti. La mente vola subito all’episodio delle Quirinarie, le elezioni organizzate dal Movimento per scegliere il capo dello Stato. Dopo poche ore dalla chiusura del voto il 15 aprile 2013, Grillo aveva denunciato un attacco hacker e annullato la consultazione. Probabilmente la violazione è avvenuta quella notte e ha permesso di accedere alle 30 caselle email. Ora, Grillo non ha preso bene le dichiarazioni dei presidenti di Camera e Senato che chiedono leggi per punire chi minaccia in Rete. “I reati commessi attraverso il web, proprio in quanto reati, sono già punibili per legge. Perché questa attenzione morbosa al Web?”
Il Fatto Quotidiano 04.05.2013