L’OCSE è una Cassandra all’incontrario. Prevede un mondo roseo e felice, tutti i giornali gli credono (con il compiacimento degli sparaballe del pd), ma puntualmente si realizza il contrario. Gli italiani meritano di sapere la verità.
“Secondo Ocse, il nostro Pil nel 2015 segnerà + 0.6%. Ocse diceva lo stesso a fine 2013 sul Pil del 2014, poi sceso dello 0.4%, ma facciamo finta di niente. Inoltre, sempre a giudizio della palla di vetro dell’Ocse, il Pil italiano potrebbe salire di sei punti percentuali nei prossimi dieci anni se saranno fatte le riforme. Recuperare 340.000 posti in 5 anni sembrerebbe una splendida cosa, se non fosse che in Italia, dal 2008 al 2014, sono stati polverizzati 2 milioni di posti di lavoro soltanto considerando gli under 35. Fate un po’ voi i conti di quanti anni serviranno, andando a questo ritmo, per tornare ai livelli pre-crisi. I miglioramenti prospettati da Ocse sono strettamente legati al buon andamento delle riforme, ma Ocse non parla delle riforme su cui Renzi sta puntando tutto (legge elettorale e riforme costituzionali), bensì di una riforma che crei lavoro (il Jobs Act si limita a legalizzare i licenziamenti arbitrari e a istituire il precariato permanente), una riforma della giustizia, una riforma della pubblica amministrazione, una riforma anticorruzione e infine una riforma contro l’evasione fiscale. Renzi, in ormai un anno di governo, non ha realizzato nessuna delle suddette riforme: è andato anzi nella direzione opposta, seppellendo la legge anticorruzione già pronta l’estate scorsa, “depenalizzando” vari reati di “lieve entità” (diversi dei quali tipicamente commessi dai politici) e scomodando la sua manina per un “aiutino” alla frode fiscale fino al 3%. Non dimentichiamo poi la non punibilità con il carcere per le dichiarazioni infedeli fino a 200.000 euro e le schizofrenie sul ritorno del falso in bilancio, reato che appare e scompare come una lucciola. Altro piccolo particolare trascurato dall’entusiasmo renziano: Ocse sostiene anche che riusciremo a portare al 60% il rapporto del debito pubblico con il Pil “appena” nel 2030. Questo significa almeno altri 15 anni di austerity.” Francesco Manna